Addio a Mezzetti, giornalista gentiluomo

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Fernando Mezzetti

di Massimo Lodi

La notizia a Mauro della Porta Raffo l’ha portata via cellulare Dada: Fernando ci ha lasciati. Dada la moglie, Fernando il marito. Fernando e cioè Mezzetti: uno dei maggiori giornalisti italiani, con marchio varesino. Veniva da Tradate, è tornato a Tradate dopo aver girato il mondo, ha chiuso gli occhi a Tradate. Aveva 81 anni.

Dice Mauro: “Un grande dolore perché era una grande personalità”.

-Ovvero?

“Apparteneva alla categoria dei gentiluomini, ormai in deficit d’affiliati. Garbo, cortesia, savoir faire. Sostanza, non forma”.

-Come vi conosceste?

“Durate un’iniziativa tradatese, calende ormai lontane, promossa da Alessandro Colombo, bravissimo agitatore culturale. Idem Adolfo Vaccaro, titolare del ristorante Quisisana. Vaccaro era di Tramonti, patria dei pizzaioli, e là inventò il premio letterario Tagliafierro che vide me e Mezzetti nella giuria, assieme a Travaglio e compagnia assortita. Fu circostanza d’ulteriore frequentazione. Fino a volgersi in familiarità”.

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Mezzetti con Della Porta Raffo

-Mezzetti gentiluomo, Mezzetti giornalista. E poi scrittore. Iniziò al Giornale di Montanelli…

“Ebbe un colloquio con Gianni Granzotto, fiduciario di Indro. Lunga chiacchierata, alla fine il responso: lei lavorerà con noi. Ma mi tolga una curiosità, chiede Granzotto a Mezzetti: come s’è fatto quella cicatrice sulla fronte? Cadendo quand’ero piccolo, la stupita risposta. Eh no, gli vien replicato. D’ora in avanti dica ch’è il segno d’un duello alla sciabola svoltosi a Heidelberg. Questo per spiegare che epoca fosse, che figure memorabili la popolassero, che nobiltà di prodezze l’informasse”.

-Mezzetti arruolato e spedito all’estero, prima a Pechino, poi a Mosca…

“Era tipo da studio, ricerca, pignoleria informativa. Preparatissimo. E dunque arrivò in luoghi sconosciuti già conoscendone il possibile. E poi facendone conoscere l’impossibile, capace d’arrivare là dove altri non riuscivano. Fu il primo corrispondente italiano e occidentale in Cina, il primo a raccontare di Tienanmen perché lui solo stava là, il primo invitato ad andare nella Corea del Nord di Kim, il primo a scrivere dalla Russia d’un Putin giovane. A saper leggere descrizione e introspezione del perspicace cronista, s’intravedeva chi sarebbe divenuto il biografato”.

-In Cina tornò dopo venticinque anni, e scoprì un mondo nuovo…

“Aveva scritto per la Stampa da Tokyo: un non breve periodo di corrispondenza. Lo mandarono anche a coprire, così si dice in gergo, la guerra in Jugoslavia. Esaurito l’impegno, lo prese la voglia di tornare a Pechino. Mi raccontò una minimalità che rivela assai del cambiamento di vita: cercò il suo vecchio interprete, si reincontrarono, l‘invitò a cena. Il tipo fu parco nel cibarsi: una sorpresa. Nella precedente avventura giornalistica laggiù, Mezzetti se lo ricordava sempre affamato. C’era stato un generale innalzamento sociale, al netto del persistere d’irrisolte traversie politiche”.

-Dismesso il giornalismo militante, Mezzetti non smise mai d’essere un militante del giornalismo…

“Uomo e giornalista erano un inseparabile unicum. Curioso della vita, delle persone, dei sentimenti: entrava facile in armonia col mondo incrociato, metteva a suo agio qualunque interlocutore, imparava cose, insegnava comportamenti. Posso testimoniare un mio sentire semplice, ma non banale: stavo bene con lui, si stava bene con lui. Ecco, questo racconta abbastanza di Fernando. Più che abbastanza. Riprenderemo a parlare nell’altra vita, io e lui: ne sono sicuro”.

-Una corrispondenza nell’infinito…

“Magari anche dall’infinito: ce lo comunicheranno, quanti ne diventassero i destinatari. Fine meraviglia, mai”.

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