Annamo bene… proprio bbene

senato forza italia larussa

Siamo già agli insulti. E non c’è ancora un governo. Potremmo chiudere qui il nostro pistolotto sul primo giorno della diciannovesima legislatura; non ci pare occorrano altre parole a commento di una situazione che non depone positivamente per il futuro istituzionale del nostro Paese, e che, appunto, si commenta da sé. Dobbiamo però assolvere a un dovere professionale, che ci impone di argomentare attorno a quanto accaduto in Senato e a quanto sta accadendo per la formazione del nuovo esecutivo di Giorgia Meloni. Forza Italia che evita di votare Ignazio La Russa alla presidenza del Senato è il messaggio chiaro, ineludibile e a un tempo minaccioso per il veto alla nomina a ministro di Licia Ronzulli, pupilla di Silvio Berlusconi, che per lei fa i capricci fino al non voto. L’intento è di insediarla a Palazzo Chigi, possibilmente alla guida di un dicastero di peso. Quali siano i meriti dell’ex infermiera forzista, non sapremmo dire. Probabilmente ha capacità gestionali che non conosciamo e che, appunto, meritano che il suo partito si batta fino a disconoscere La Russa e, quindi, l’alleato Fratelli d’Italia che l’ha proposto.

Che ne sia valsa la pena, può essere. Che i berlusconiani a Palazzo Madama abbiano fatto una figura (Emilio Fede completerebbe la frase in modo molto esplicito) con beffa finale, ci pare quasi scontato. Tanto più – qui sta la beffa – che La Russa è stato eletto con i voti di franchi tiratori all’incontrario. Né ci stupiremmo se, sullo sfondo di un simile tiro mancino, occheggi Matteo Renzi.

Tutto questo porta alla luce le tensioni di un centrodestra che deve ancora trovare un assetto comportamentale, abbandonando se possibile dinamiche e modelli vecchia maniera, che neanche nella tanto vituperata Prima Repubblica avevano legittimazione. Per carità, alla fine tutto rientrerà in un alveo di apparente e forzata normalità: il Paese non ha bisogno di simili spettacoli. A cominciare dall’insulto in presa diretta del Cavaliere all’indirizzo di Ignazio La Russa, fino ai tira e molla per la scelta dei ministri. Volessimo banalizzare chiederemmo soccorso a Francesco Salvi e alla sua “quella macchina là mettila qua”; parafrasando: “quel ministro là mettilo qua, quel ministro qua mettilo là”.

Però non c’è agio di irridere a una situazione che, comunque la si guardi, schiaffeggia gli italiani alle prese con ben altri problemi, con le bollette energetiche impazzite, con le fabbriche che chiudono e con il dramma incombente per milioni di famiglie di mettere assieme il pranzo con la cena. Non è questione di essere qualunquisti o di semplificare il quadro di riferimento con discorsi da bar, i tempi sono quelli che sono e i politici dovrebbero pensare a ben altro che a farsi le scarpe a vicenda. Una classe dirigente all’altezza avrebbe già varato una bozza di governo, soprattutto ora che la maggioranza ha un perimetro ben definito e non serve inciuciare per formare l’ esecutivo. Ma non c’è nulla da fare, il lupo perde il pelo ma non il vizio. E di vizi, questi signori che siedono nei Palazzi del potere, ne hanno da vendere. Nel frattempo, il Paese, che rischia il default, è costretto a subire il solito, vergognoso teatrino romano. La sora Lella chioserebbe: “Aaaah, annamo bene…proprio bbene”.

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