Berlusconi, l’impasse a destra e il piano C

berlusconi quirinale destra

di Massimo Lodi

L’impasse e il gelo continuano. Salvini e Meloni, che annunziano piani alternativi senza far nomi, sono obbligati a sostenere Berlusconi fin quand’egli deciderà di ritirarsi. Ritirarsi? Forse sì, dalla gara per il Colle. Non certo da altro. Il suo chiodo fisso è la solenne riabilitazione dopo lo schiaffo della decadenza da parlamentare, subìta peggio di un’ingiustizia. È questo che sembra stargli a cuore, perfino al prezzo di sacrificare un nome della sua area politica nella scalata al più alto magistero dello Stato. Se Berlusconi farà il passo indietro, spintovi dalla nervosa maieutica dei due sodali, potrebbe compierlo non a pro d’un nome di centrodestra, campo del quale ritiene d’essere l’insostituibile candidato. Bensì a favore d’una personalità di provenienza diversa, che (1) garantisca un settennato al di sopra delle parti, e ok all’ovvietà; ma che (2) tuteli la sua aspirazione al risarcimento morale, immaginabile nella nomina a senatore a vita.

salvini giorgetti draghi
Massimo Lodi

Il Cav vi ambisce segnalando meriti economici, politici, sociali, sportivi. L’ha dichiarato più volte: la mia storia personale ha coinciso per molti anni e su tanti versanti con la storia d’Italia. Me ne diano atto gli avversari, prima dei coéquipier: sarà una medaglia d’inestimabile pregio. Contrario a lasciare eredi nel suo partito, lo è anche a proposito della leadership di coalizione. Di qui la riluttanza, in caso di “exit strategy” per il dopo Mattarella, a favorire un regista diverso da sé medesimo. Detta più chiaramente: Salvini si dichiara il naturale king-maker, una volta messo alle corde Berlusconi; ma Berlusconi ha sempre dimostrato abilità di ring-maker nel fronteggiare chi, dentro la sua scuderia, incrociava i guantoni con lui.

Certo, il tempo passa e i voti traslocano, però l’intramontabile Silvio ne conta ancora in numero bastevole a esser condizionante. Se non decisivo. Si narra che tale riflessione stia intrigando Renzi, i centristi di Toti-Brugnaro e una pattuglia di post grillini a carezzare l’ipotesi (il piano C: contropiede) d’un moderato di sinistra ricevibile a destra, identificato nell’attuale commissario europeo Gentiloni, ex premier/ministro degli Esteri. Che potrebbe diventare un rifomista di destra finalmente rientrato a casa dalla sinistra, se ricevesse da Berlusconi la spiazzante investitura. Letta e Conte sarebbero in difficoltà nell’obiettare a un profilo di standing internazionale. Salvini idem, con due motivi in aggiunta: a Bruxelles – nell’esecutivo Von der Leyen – si libererebbe un posto a perfetta misura di Giorgetti, e a Roma – nel rimpastato governo Draghi – la Lega otterrebbe maggior peso. Quanto alla Meloni, le converrebbe abbozzare, sposando l’idea d’un presidente della Repubblica amico, figura indispensabile qualora le elezioni del 2023 le aprissero il portone di Chigi. Spesso, per evitare la nostalgia del futuro, risulta conveniente trasformare il paradosso in paradorso. A proposito di piano C.

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