Busto, omicidio Mendola: in Appello il presunto mandante. Teste: “Mi sento minacciato”

matteo mendola

BUSTO ARSIZIO – “In carcere ho ricevuto da altri detenuti delle lettere. L’impressione è che qualcuno mi voglia mettere in cattiva luce. Non ho ancora subito minacce dirette. Ma temo che possa accadere”. E’ quanto ha detto oggi in Corte d’assise d’appello, a Torino, il trentunenne Antonio Lembo, uno degli imputati dell’omicidio di Matteo Mendola (nella foto), bustese 30enne, originario di Gela, ucciso a colpi di pistola nei boschi di Pombia il 4 aprile 2017. Lo riporta l’Ansa.

Chi è il mandante?

Lembo, che è considerato l’esecutore materiale dell’omicidio (con lui è stato arrestato il presunto complice Angelo Mancino), anche lui di Busto Arsizio, è già stato condannato e ora attende l’esito del ricorso in Cassazione. Oggi, in collegamento video, è stato ascoltato nel processo che riguarda il presunto mandante del delitto, Giuseppe Cauchi, 54 anni, imprenditore edile, anche lui originario di Gela, che ha sempre respinto le accuse e che nel 2019 è stato assolto in primo grado. L’accusa aveva chiesto la condanna all’ergastolo.

Troppe versioni. Inattendibile

Lembo ha spiegato che dopo l’arrivo delle missive (lo scorso gennaio) è stato messo in isolamento. A una domanda dell’avvocato Flavio Sinatra, che difende Cauchi insieme al collega Cosimo Palumbo, ha risposto che le lettere non le ha più perché le ha strappate. La Corte ha deciso di acquisire informazioni. I due legali sottolineano che dall’inizio delle indagini Lembo ha cambiato più volte versione e che “i giudici di primo grado, nel processo Cauchi, non lo hanno considerato attendibile”.

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