Comune di Rescaldina con i lavoratori Emerson: «Salvare il sito produttivo»

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RESCALDINA – «Il posto di lavoro non si tocca, lo difenderemo con la lotta». Lo slogan ha risuonato fino al centro di Rescaldina questa mattina, venerdì 11 febbraio (nelle foto e nel video). A gridarlo, le maestranze al completo della Emerson ex Raimondi, storica fabbrica del territorio che produce valvole ad alta pressione di ogni dimensione, da pochi centimetri a più di 2 metri, per vari settori, dalla produzione di energia elettrica al chimico, al petrolchimico, soprattutto per il mercato asiatico. Quattro anni fa assorbì la Virgo di Magnago, superando i 200 dipendenti, poi dimezzati – l’ultimo taglio, più di 60 persone, è di un anno fa – in parallelo con investimenti e ristrutturazioni per alcuni milioni di euro della proprietà americana. Un’azienda in salute, con tante commesse e che nel 2021 ha centrato tutti gli obiettivi e superato le previsioni di fatturato, pur lavorando sotto organico. Eppure, dal 2023 chiuderà. Un fulmine a ciel sereno. Anche se il progressivo ricorso a terzisti aveva insospettito qualcuno.

Colpa dei costi dell’energia, delle utenze, della manodopera, della logistica lamenta l’azienda, che vuole delocalizzare all’estero, in Malesia e in Germania. E parla di “volumi” e di “mercato”. I sindacati, che lo hanno appreso 3 giorni fa, preferiscono parlare di lavoro, di impatto sociale (più della metà dei lavoratori sono di Rescaldina), di un patrimonio materiale e di conoscenze prezioso per il territorio. Questioni condivise dall’Amministrazione comunale, che mette sul piatto anche quelle identitarie, ambientali e di sicurezza.

«No a un’altra Pensotti sul nostro territorio»

«In quel luogo deve rimanere qualcosa – ha detto il sindaco (ed ex sindacalista) Gilles Ielo alla delegazione della Emerson che ha ricevuto in municipio alla fine del corteo – non voglio ritrovarmi la Pensotti di Legnano a Rescaldina, o una casbah». Il riferimento è a uno scheletro industriale abbandonato e fuori controllo, proprio al limitare dei boschi dello spaccio. «Questa fabbrica – ha proseguito Ielo nel corso dell’incontro, durato un’ora – è lì da tre generazioni (ha cent’anni, nda), rappresenta la storia e il presente di Rescaldina e dev’esserci anche in futuro. Già a causa del Covid ho l’ufficio Servizi alla persona pieno di gente che non riesce a pagare l’affitto e le bollette. Altre 60 famiglie senza stipendio sono un peso specifico preoccupante».

La strategia è quella di coinvolgere anche Legnano, su cui insiste parte dell’insediamento produttivo, oltre ad attivare «tutti gli strumenti possibili per i lavoratori per quanto più tempo possibile. Abbiamo quasi un anno di tempo – ha aggiunto rivolto ai lavoratori il sindaco, che da dicembre è anche presidente della Consulta economia e lavoro dell’Alto Milanese – Avete la piena solidarietà dell’Amministrazione, l’importante è che restiate uniti. Siete voi i protagonisti di questa storia. Non bisogna arrendersi, ma fare di tutto perché la produzione rimanga sul territorio. Il mio messaggio è che questo percorso va fatto assieme».

Altra manifestazione a Legnano

Per i sindacati, la lotta è appena cominciata. La prossima settimana è in programma un’altra manifestazione a Legnano, il 21 ci sarà un incontro all’associazione industriali di Legnano, poi si aprirà il tavolo di crisi.

«In questo momento – rimarca Antonio Del Duca della Fiom Cgil, presente al corteo insieme a Edoardo Barra della Fim Cisl – questa è la vertenza più grande del territorio. Oltre ai 120 dipendenti sono coinvolti altri 20 di aziende appaltatrici e di servizi, senza contare l’indotto. Non vogliamo l’elemosina, ma posti di lavoro. Nessuno di noi può garantire un risultato – prosegue Del Duca – ma la partita va comunque giocata. Vogliamo coinvolgere il territorio perché non ci può essere indifferenza per qualcosa che può capitare a tutti. Anche se oggi, sul piano internazionale, l’Italia è un vaso di coccio tra vasi di ferro».

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