Contro i femminicidi serve fare di più. Per Giulia e per tutte le altre

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Giulia Cecchettin

di Isabella Tovaglieri*

Non è facile trovare le parole per commentare una tragedia come quella che ha colpito Giulia Cecchettin, un’altra vittima di un femminicidio dai contorni inquietanti. Un altro “bravo ragazzo” che non accetta la fine di un amore e pianifica la fine di un’esistenza innocente in modo così brutale. Non è giusto e non è accettabile, e sappiamo che non basta gridarlo ai quattro venti.

Ma come può reagire chi ha un ruolo istituzionale nei confronti di una vicenda che ci pone ancora una volta di fronte alla banalità del male? La strada l’ha tracciata Gino Cecchettin, il padre della vittima di questa ennesima tragedia. La compostezza, la lucidità, le parole misurate con cui ha affrontato pubblicamente il dolore più atroce che un genitore può vivere, possono essere per tutti noi la stella polare da cui ripartire.

Tra pochi giorni è il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ci ritroveremo come ogni anno a dibattere sul tema, ad inaugurare panchine rosse, a ringraziare i centri antiviolenza per il prezioso e irrinunciabile lavoro che fanno tutti i giorni per cercare di prevenire abusi e salvare vite. Quest’anno sarà ancora più doveroso esserci, ma dovremo fare in modo che quel “mai più” che pronunciamo ogni 25 novembre sia il più possibile lontano da ogni vuota retorica. Di certo non è il momento delle semplicistiche giustificazioni – penso all’agghiacciante dichiarazione dell’avvocato di Filippo Turetta, “le preparava i biscotti” – né tantomeno delle speculazioni politiche. Come quelle di chi colpevolizza a prescindere una parte politica o di chi invoca soluzioni pronte all’uso.

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Isabella Tovaglieri

Diciamolo chiaramente: non ci sono ricette facili per evitare che succedano altre tragedie come quella capitata a Giulia. Quella contro i femminicidi è una guerra che va combattuta con determinazione e con spirito di resilienza. Non partiamo da zero: solo quattro anni fa la legislazione ha compiuto un passo in avanti decisivo con la norma sul “codice rosso”. Ma non basta. E allora miglioriamo le leggi che già ci sono, come sta cercando di fare il Parlamento con un provvedimento che attende il via libera in Senato. Sono già state previste pene più dure nei confronti di chi maltratta le donne. Ma non basta. E allora inaspriamole ulteriormente.

Nel caso di un omicidio come quello di Giulia non ci sono altre opzioni che il carcere a vita, perché non possiamo accettare l’idea che un assassino così efferato possa un giorno, magari tra vent’anni, tornare in libertà e rifarsi una vita mentre i familiari di Giulia saranno ancora lì a piangere una figlia e una sorella strappata alla vita alla vigilia di un momento così importante come la laurea. E ancora, l’attività dei centri antiviolenza, in Lombardia in particolare, ha fatto grossi passi in avanti negli ultimi anni, così come si sono moltiplicate le azioni di sensibilizzazione a livello culturale, nelle scuole e nella società civile. Ma non basta. E allora facciamo di più: uniamo le forze per potenziare l’educazione al rispetto delle donne nelle scuole (lo prevede una delle proposte di modifica alla legge sul Codice Rosso) ma anche per censurare quella odiosa tendenza all’oggettificazione della donna, così diffusa ad esempio nei testi della musica trap, come giustamente denunciato dall’attrice Cristiana Capotondi.

Sul tema della violenza sulle donne non servono sguaiate polemiche, c’è bisogno di più concretezza, a tutti i livelli, per affrontare in modo più efficace l’emergenza dei femminicidi. Facciamo in modo che la tragica fine di Giulia non debba limitarsi ad essere “l’ennesima”, ma possa rappresentare un vero segnale d’allarme collettivo per far sì che in molti più casi il pericolo venga preso sul serio prima che degeneri in modo irrecuperabile. Lo dobbiamo alla memoria di Giulia e al dolore della sua famiglia. Ma anche alle tante ragazze che meritano di poter vivere liberamente e serenamente le loro relazioni.

*Europarlamentare e membro della commissione Femm al Parlamento Europeo

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