Crisi a Taiwan, pericolo di escalation militare

La visita di Nancy Pelosi e le prove di guerra di Pechino

di Alessandro Belviso

I rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina non sono mai stati così tesi. L’annunciata visita a Taipei della speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi, avvenuta martedì, ha provocato le ire di Pechino. La donna, rimasta a Taiwan per le successive 20 ore, ha avuto un colloquio con la presidente Tsai Ing-wen e si è presentata al parlamento dell’isola. L’ultima visita di un membro del congresso USA alla Camera dei deputati di Taipei è del 1960. Questo fa capire ancora di più l’importanza dell’evento per le autorità dell’isola.

Nancy Pelosi ha dichiarato che gli Stati Uniti “non abbandoneranno il proprio impegno nei confronti di Taiwan” e per stemperare i toni ha aggiunto che “veniamo in amicizia a Taiwan, veniamo in pace nella regione”, riferendosi alla sua delegazione. Ma queste parole non sono bastate al governo cinese. La Repubblica popolare considera quanto avvenuto come l’ennesima provocazione di Washington degli ultimi mesi, sia nello scenario asiatico che in quello europeo, dove Pechino ha prevalentemente sostenuto le ragioni di Mosca.

Da molti anni la Cina pianifica la conquista dell’isola di Taiwan e le attuali interferenze americane sono viste come inaccettabili. La risposta non si è fatta attendere. Infatti, nei giorni precedenti la visita, l’esercito cinese ha avviato un’imponente esercitazione militare, che durerà fino a lunedì 8 agosto, e ufficialmente da mercoledì ha sospeso l’export di sabbia naturale verso Taipei, vitale per la produzione di semiconduttori. Il ministero della Difesa isolano esprime preoccupazione per le manovre cinesi, perché potrebbero sconfinare nelle acque territoriali di Taiwan, violando il diritto internazionale e generando potenzialmente un’escalation.

Sempre mercoledì il G7 ha pubblicato un comunicato di condanna verso Pechino, chiedendo di evitare una “aggressiva attività militare” e di “non cambiare unilateralmente lo status quo con la forza”. In risposta, il ministro degli Esteri cinese ha attaccato gli USA, accusandoli di essere i veri responsabili della crisi. Mentre i vari attori si accusano a vicenda, oggi il Giappone protesta perché 5 missili cinesi sono caduti nella loro zona economica esclusiva. Con il passare delle ore la tensione continua a salire.