Egitto e impero romano, Varese Archeofilm svela i miracoli dell’ingegneria

egitto varese archeofilm ingegneria 01

VARESE – Sono stati i miracoli compiuti dall’ingegneria per salvare il tempio di Abu Simbel dalla sua scomparsa sotto le acque del Nilo, e nell’organizzare la sofisticata struttura delle antiche città romane, i protagonisti del terzo appuntamento del festival Varese Archeofilm: nella serata di ieri, sabato 5 settembre, e nonostante la vicina musica ad alto volume con cui, in alcuni momenti, il sonoro dei documentari ha dovuto competere, i Giardini Estensi hanno ospitato le proiezioni di “Egitto: i templi salvati” e “Ingegneria romana: Città II”.

Una corsa contro il tempo

Nel 1960 l’Unesco lanciò una vasta mobilitazione per salvare gli antichi templi della Nubia, che rischiavano di essere perduti per sempre nell’invaso della diga di Assuan, della quale il presidente egiziano Nasser aveva deciso la realizzazione. Il documentario di Olivier Lemaitre ha ritratto la corsa contro il tempo così iniziata, e gli innumerevoli progetti proposti per proteggere il sito di Abu Simbel, dal suo sollevamento su delle chiatte alla creazione di una cupola subacquea per custodirlo. Vinse l’idea di tagliare a pezzi il tempio di Ramses II e trasferirlo al sicuro sessanta metri più in alto, operazione straordinaria che vide l’intervento di un team internazionale di imprese e fu portata a termine nel 1968. A un destino simile andarono incontro altri luoghi sacri dell’area, poi donati ai diversi musei del mondo.

egitto varese archeofilm ingegneria 02

Gli italiani ad Abu Simbel

«Fu un italiano, l’esploratore Giambattista Belzoni, il primo a entrare e togliere la sabbia dal tempio di Abu Simbel» ha ricordato Donatella Avanzo, egittologa e storica dell’arte, dialogando con Dario Di Blasi, direttore artistico di Varese Archeofilm. «A lui e al rivale Bernardino Drovetti il British Museum e i musei francesi devono molto. E c’è un altro particolare, non toccato dal filmato, che riguarda la nostra nazione. Quando si è trattato di smontare il tempio di Ramses II, gli egiziani non avevano competenza a eseguire tagli nella pietra inferiori ai sei millimetri: furono chiamati gli scalpellini del Lago Maggiore e di Massa Carrara». All’orizzonte si delinea il progetto di un’altra diga sul Nilo, voluta dall’Etiopia: «L’Egitto si trova alla fine del suo percorso, c’è il rischio che scoppi una guerra per l’acqua».

egitto varese archeofilm ingegneria 03

La protezione offerta da reti idrauliche e criptoportici

L’importanza cruciale dell’acqua nell’impostazione dei centri dell’impero è stata approfondita in “Ingegneria romana: Città II”: considerata  fondamentale dagli abitanti non solo per l’igiene ma anche per la ricerca del benessere, come dimostrano le strutture termali, veniva diffusa da un complesso sistema di tubature, nel quale il suo fluire era governato dalla forza di gravità. Furono proprio queste sofisticate reti idrauliche a offrire ai cittadini una protezione dalla peste, a differenza di quanto avvenne nel Medioevo, epoca in cui caddero in disuso. È stata invece un’altra opera degli antichi romani che ha permesso Lisbona, l’antica Olisipo, di resistere ai terremoti che la colpirono nel 1531 e nel 1755: si tratta dei criptoportici, serie di gallerie a volta che si diramano nel suo sottosuolo.

Inizia il festival Varese Archeofilm: draghi, abissi e preistoria ai Giardini Estensi

egitto varese archeofilm ingegneria – MALPENSA24