Elezioni, la luna di miele del centrodestra e le macerie delle opposizioni

Elezioni amministrative, ha vinto il centrodestra? Un’analisi efficace del voto amministrativo la offre il sempre attento Francesco Verderami sul “Corriere”, quando scrive che «il centrodestra non ha esaurito la luna di miele con i cittadini, mentre l’opposizione non ha usufruito per ora di un “effetto Schlein”». Al netto del problema, sempre più preoccupante, dell’astensionismo, e delle pinze da prendere in mano rispetto ad un voto che ha sempre influenze molto particolari in ogni singola realtà, i numeri fotografano una tendenza chiara: 23 vittorie per il centrodestra contro 15 per il centrosinistra al primo turno nelle 91 maggiori città al voto, con Fratelli d’Italia che si conferma la forza trainante della coalizione di governo.

Ma l’impressione, osservando la scena politica in questo mese di campagna elettorale, è quella di uno scenario monocorde. In soldoni, in campo si è visto quasi solo il centrodestra. Guardiamo ad esempio alle nostre latitudini, dove si è votato solo in comuni sotto i 15mila abitanti: gli unici simboli comparsi sulle schede elettorali, ma di fatto anche gli unici comizi da parte dei “big” della politica provinciale e regionale, sono stati quelli sul versante della coalizione di centrodestra. Che poi, peraltro, dove ha messo i simboli di partito nei loghi delle liste comunali ha vinto solo in un caso su tre, a Lonate Pozzolo. Allargando il quadro, anche il risultato più eclatante di questa tornata, quello di Brescia, è essenzialmente legato alla continuità di un modello amministrativo vincente, a prescindere dallo schieramento che lo ha espresso.

Del resto il centrodestra a trazione Meloni, soprattutto dopo la rivoluzione interna a Forza Italia con il depotenziamento di Licia Ronzulli, sta mostrando una compattezza che in pochi, alla vigilia della formazione del governo, potevano aspettarsi. Durerà? Non è dato da sapere, perché le sfide da affrontare sono complesse e ostiche. Ma tutto sommato è uno schieramento che tiene botta. Ma che non può sedersi sugli allori. Perché alla lunga anche le “lune di miele” apparentemente più inscalfibili, prima o poi finiscono. Renzi, Salvini e i 5 Stelle lo possono testimoniare.

Sul fronte opposto alla coalizione di governo, invece, ci sono per ora più che altro macerie. Il PD che, con Elly Schlein, vira a sinistra e, pur riguadagnando consensi nei sondaggi, perde pezzi al centro. Il Terzo Polo che sta implodendo, minato dalle continue liti e ripicche tra Renzi e Calenda. Il Movimento 5 Stelle che evapora sempre di più alle urne amministrative (sotto al 2% a livello nazionale e del tutto assente in provincia di Varese) e che sembra ormai in perenne crisi d’identità. Un “minestrone” troppo frammentato non solo per poter fare un’efficace opposizione – qualcosa di sostanzioso, che vada al di là delle sterili ed effimere polemiche “acchiappa-titoli” come il caro-affitti o il caso Fabio Fazio – ma soprattutto per poter proporre una credibile alternativa politica all’elettorato. E così per il centrodestra si aprono praterie. Il voto per i sindaci parla chiaro, anche se poi al ballottaggio tutto può succedere: il caso Udine, recentissimo, è un esempio lampante. Probabilmente se ne verificheranno altri il prossimo 28-29 maggio, quando è in programma il secondo turno, ma non basteranno a rianimare un’opposizione in cerca d’autore. Opposizione che ha, paradossalmente, un vantaggio, il fattore tempo: tra un anno ci sono le europee, che però contano solo a livello di voto di opinione, poi per le grandi battaglie c’è tempo fino al 2027-2028.

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