La nonna di Fedez nell’Italia delle corporazioni

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Chiara Ferragni e Fedez, suo marito

Siamo nel Paese del “lei non sa chi sono io”. O, forse, lo eravamo. Perché oggi basta esibire uno status o, di più e meglio, una parentela importante, per saltare la fila. Anche a nostra insaputa. Come la nonna di Fedez, lui di professione cantante e, ancora di più e meglio, marito dell’influencer Chiara Ferragni, per avere diritto a un’attenzione istituzionale che, vista così, ha tutta l’aria di un privilegio per “diritto di nipote famoso”.

Che cosa sia successo è argomento di cronaca su gran parte dei media. La signora Ferragni in Lucia (vero cognome del marito, in arte Fedez) ha raccontato sui social il suo sdegno, pari a quello di migliaia di altri lombardi, per il fatto che la nonna ultraottantenne non fosse ancora stata vaccinata. Apriti cielo: polemiche e ritorni mediatici, ma non solo, sulla precarietà del sistema lombardo di vaccinazioni, le cui falle tengono banco da settimane. Tutto nella norma, si potrebbe dire. Se non fosse che all’indomani dell’intemerata in rete, dalla Regione arriva come per magia l’immediata convocazione della nonna “dimenticata” dei popolari Ferragnez. Atto riparatorio che, invece di riparare, rinfocola l’incazzatura, E non c’è bisogno di spiegarne i motivi.

Probabilmente non serve neanche sorprendersi. L’episodio è solo uno dei tanti che stanno caratterizzando l’operazione vaccini, che stenta a mettersi in carreggiata e, soprattutto, rivela come il Paese dei furbetti e delle corporazioni abbia modo di esprimersi in tutta la sua potenza. Vogliamo parlare di Andrea Scanzi, giornalista che va per la maggiore, che nella sua Arezzo ha avuto modo di saltare la fila? Tutto regolare anche qui, ma con un retrogusto che odora di favoritismo. I giornalisti, si sa, sono abili nel farsi riconoscere anche quando sarebbe opportuno che rimanessero coperti e allineati.

Con gli scriba entrano in scena le categorie di professionisti che, per una ragione o per l’altra, accampano diritti e primogeniture per i più disparati motivi, pretendendo di ricevere il vaccino anti-Covid prima degli altri. Per dirla in un altro modo, non si tratta di singoli furbetti ma di un sistema che ha radici lontane, fin giù nel Medioevo, che il fascismo aveva rispolverato con intenti sindacali e di salvaguardia economica. Insomma, una prerogativa tutta nostrana, questa delle corporazioni, che emerge alla luce del sole, senza che nessuno ne provi vergogna. Anzi, il presunto prestigio viene sbandierato a conferma che gli eventuali privilegi sono richiesti perché dovuti. Se mai non se ne facesse uso, succede che sono gli altri a ricordati che lo status conta. Basta essere la nonna del nipote giusto (l’Ats di riferimento sostiene che la signora avrebbe sbagliato a compilare la richiesta) che subito qualcuno ti chiederà scusa. Salvo poi giustificarsi, questo qualcuno, rispetto alle migliaia di altri cittadini a cui nessuno mai telefonerà per agevolargli l’appuntamento per una puntura salva vita. Viva l’Italia.

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