Una nuova guerra fredda?

QUESTIONE UCRAINA E BIG PHARMA: I DUE NUOVI SCENARI DI GUERRA DELL'AMMINISTRAZIONE USA

Joe Biden insieme all'ex presidente Barak Obama

di Emma Brumana

L’intervista del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, rilasciata in esclusiva ad Abc News, rischia di compromettere i rapporti diplomatici con Mosca. “Lei conosce Vladimir Putin. Pensa che sia un killer?” ha domandato il giornalista George Stephanopoulos. “Lo penso”, ha risposto il presidente degli Stati Uniti. E ha aggiunto che la Russia “pagherà per le interferenze nelle tornate elettorali del 2016 e del 2020”. Immediata la reazione del Cremlino che, attraverso il portavoce David Peskov, ha rigettato ogni accusa. Poche ore dopo la diffusione dell’intervista, Mosca ha richiamato il proprio ambasciatore a Washington, Anatoly Antonov.

Perché questo attacco frontale di Biden a Putin, che ci fa fare un salto indietro di 40 anni, riportandoci nel clima gelido della guerra fredda?

Le pesanti dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti sono direttamente riconducibili al caso Navalny. Ma le motivazioni di questo attacco frontale sono altre. Stati Uniti e Russia si sono contesi il dominio geopolitico globale durante i decenni della cold war La competizione tra le due superpotenze, però, non è terminata con la dissoluzione dell’URSS nel 1991. Il nuovo ordine mondiale, caratterizzato dal multilateralismo, ha comunque visto le due nazioni praticare il soft power su aree di influenza strategiche.

La questione dei vaccini

Le dichiarazioni rilasciate da Biden possono essere innanzitutto interpretate come un avviso nei confronti dell’Unione Europea. L’Ue, infatti, sta guardando alla Russia per un aiuto nella campagna vaccinale contro il covid 19. Gli Stati Uniti temono inoltre un sodalizio tra Pechino e Mosca, che si starebbe già formando grazie alla diplomazia sanitaria, la diplomazia dei vaccini. In chiave anti-cinese, l’amministrazione Biden sta progettando un massiccio intervento nel sud-est asiatico. Un miliardo di dosi di vaccini Johnson&Johnson saranno finanziate da Usa e Giappone, prodotte in India e distribuite dall’Australia. Questa importante iniziativa mette l’Europa in secondo piano. Da qui l’apertura di Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, verso la possibilità di acquistare il vaccino dalla Russia. Secondo le stime, il farmaco russo permetterebbe di vaccinare 450 milioni di abitanti. Il 4 marzo scorso, l’EMA – l’Agenzia Europea per i Medicinali – ha iniziato la revisione del vaccino Sputnik V, un primo passo verso l’approvazione a livello europeo. Se il vaccino dovesse ricevere un giudizio favorevole e, quindi, essere utilizzato anche in Europa, Vladimir Putin otterrebbe un vero e proprio trionfo diplomatico. Insomma, una guerra sotterranea nel mondo big pharma (e relativi governi).

Il conflitto ucraino

La competizione tra Russia e Stati Uniti, però, non è limitata al soft power. Le due potenze interferiscono anche in conflitti armati regionali. Questo è il caso dell’Ucraina. “L’aggressione della Federazione Russa nel Donbass è una grave minaccia, non solo per l’Ucraina stessa e la sua sicurezza, ma anche per la stabilità della Nato”, queste le allarmanti parole utilizzate dal capo di stato maggiore ucraino, Ruslan Khomchak, al termine della telefonata con il capo del Comitato militare della Nato, Stuart Peach. La guerra del Donbass – regione orientale dell’Ucraina – ha avuto inizio il 6 aprile 2014, quando alcuni militanti armati si sono impadroniti dei palazzi governativi ucraini nelle regioni di Donetsk, Lugansk e Charkiv, proclamando l’indipendenza della repubblica popolare di Donetsk e della repubblica popolare di Lugansk. L’esercito russo è intervenuto a favore degli indipendentisti, filorussi che non si sentono cittadini ucraini, e in questo modo è iniziato un conflitto sanguinoso che è ancora in corso.

Le reciproche accuse dei due attori in campo – da una parte il governo ucraino e dall’altra gli indipendentisti supportati economicamente e militarmente da Mosca – stanno esacerbando una situazione già esplosiva. Si teme un’escalation che potrebbe portare all’inizio di una guerra su vasta scala nella regione contesa. Questa ipotesi, paventata dai membri Nato, richiederebbe l’intervento diretto dell’esercito statunitense. Biden, in qualità di vicepresidente dell’amministrazione Obama, aveva più volte visitato l’Ucraina e aveva dichiarato di essere favorevole a sostenere il paese. Anche nelle dichiarazioni in campagna elettorale, il candidato democratico ha denunciato la politica di aggressione della Russia nei confronti del membro associato Nato.

I primi cento giorni dell’amministrazione Biden sembrano finalizzati a riportare gli Stati Uniti ad assumere un ruolo di guida incontrastata nello scenario del multilateralismo globale odierno. Non è soltanto, però, una missione tesa a rendere l’America un faro nel consesso dei paesi liberi e democratici. L’intervista, infatti, rappresenta un fermo monito ai membri Nato. La cooperazione tra gli alleati sarà produttiva ed efficace solo se tutti saranno coalizzati nel rifiuto delle proposte provenienti da Mosca e Pechino.

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