La responsabilità in politica di chi si dice cristiano

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di Luigi Patrini

Concludendo il mio recente intervento, uscito su Malpensa24 qualche giorno fa sotto il titolo “La Seconda Repubblica. E Mattarella”, auspicavo che la Politica approfittasse della situazione venutasi (“provvidenzialmente”!) a creare. per compiere, finalmente, un salto di qualità in questo momento che mi sembra essere il vero inizio della Seconda Repubblica. Precisavo che occorrerebbe una rivoluzione culturale prima che politica, perché, per poter davvero cambiare, anche la Politica dovrebbe cercare la Verità, anziché costruirsi rigidi castelli ideologici in cui ingessarsi: solo la ricerca della Verità rende capaci di vera libertà.

Vorrei ora riprendere l’argomento proponendo alcune considerazioni ai cristiani che operano in politica, ricordando loro che questo compito “culturale” dovrebbe essere – secondo me – loro primaria preoccupazione, soprattutto in un contesto storico in cui si afferma il relativismo e lo Stato entra a gamba tesa in questioni vitali in cui gli aspetti etici sono fondamentali e, perciò, dovrebbe esserci la preoccupazione di salvaguardare la libertà di coscienza in modo serio e per tutti, non solo per chi, con una palese contraddizione logica, sostiene che la Verità non esiste. In realtà è assurdo imporre come “vero” il fatto che la Verità non ci sia: se fosse vero che non c’è Verità, chiunque potrebbe sostenere che può non essere vero anche che non ci sia verità: sarebbe come dire che l’acqua con cui innaffio i fiori è acqua asciutta! Se l’acqua fosse asciutta non la userei certo per innaffiare! Se la verità non ci fosse, cosa sarebbe la realtà? Un sogno? Un’illusione? Solo chi non usa correttamente la ragione non capisce che la Verità non può non esistere!

Questo non è un gioco di parole: purtroppo è la “ragione” dell’antica polemica tra Socrate e i sofisti, primi sostenitori del nichilismo, cioè dell’opinabilità assoluta del reale. Questo è il primo fatto fondamentale che ogni uomo ragionevole deve avere chiaro. Per questo è opportuno che la politica su questioni etiche fondamentali sia più cauta e meno “invasiva”! Salvaguardare la libertà della coscienza deve essere il primo fondamentale impegno di chi fa politica in modo attivo ed è seriamente interessato alla democrazia della società. Certo il compito di conciliare il rispetto della libertà di coscienza con il dovere della solidarietà sociale non è facile! Lo vediamo ogni giorno davanti a tematiche che implicano il riferimento a valori etici decisivi per il bene delle singole persone e dell’intera comunità civile: pensiamo a questioni come il fine vita, l’utero in affitto, l’aborto! Noi cristiani, gli uomini “più civici” di tutti, come diceva il grande Charles Péguy, abbiamo la responsabilità di chiederci quale “servizio” siamo chiamati a prestare alle persone del nostro tempo, mettendo in gioco la nostra identità culturale, che ha la sua sorgente nel messaggio di Cristo, che ci annuncia, in buona sostanza, l’assoluta positività dell’esistenza umana e della stessa realtà.

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Luigi Patrini

Per questo sarebbe opportuno che i partiti politici fossero capaci di una più adeguata selezione della loro classe dirigente. Da persona che ha fatto esperienza diretta della vita partitica, credo che questo sia un tema sul quale bisogna che la società si decida ad aprire una seria riflessione: i partiti sono strumenti decisivi per un buon funzionamento della democrazia, ma la loro esistenza deve essere regolata da norme precise che garantiscano il loro corretto funzionamento, sia per quanto riguarda gli aspetti finanziari, sia per la loro reale democraticità interna.

In questo momento così difficile per la crisi che ha investito tutti i partiti politici, davvero grande è – secondo me – la responsabilità dei cristiani. I cristiani riprendano coscienza della sfida lanciata da Leone XIII, per il quale la democrazia sarebbe stata davvero tale solo se pervasa dai valori cristiani, quei valori che, nella serietà dell’impegno civico e politico, si fanno “carne”, cioè diventano concreti, visibili e affascinanti. Il cristianesimo ed i suoi valori non possono e non devono essere imposti con la forza, ma proposti in modo attraente ed affascinante nella loro ragionevolezza universale: già San Pietro esortava a “rendere ragione” della speranza (e della fede) che è in noi: lo si deve fare non a livello teorico, ma con la testimonianza della vita dentro e fuori della comunità cristiana. Per farlo non occorre essere perfetti (anche il Papa sa di non esserlo), ma desiderarlo e tendere continuamente a questo obiettivo, come suggeriva san Bernardo ai monaci benedettini si Saint Bertin.

Nei suoi “Cori da La Rocca” Eliot constata che “ Gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dèi, dicono, ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto”. Ora, invece, è purtroppo proprio questo che sta accadendo. Lo stesso Eliot si pone poi un’altra domanda: “E’ la Chiesa che ha abbandonato l’umanità o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?”. Credo sia giusto augurarsi che, se gli uomini – come sembra – stanno abbandonando la Chiesa, la Chiesa cerchi di non abbandonare gli uomini! Prezioso appare il richiamo degli ultimi Pontefici ad evitare derive “gnostiche e/o pelagiane”, come spesso fa anche Papa Francesco, che ben conosce la “fatica” che comporta la testimonianza alla quale i cristiani sono chiamati. Anche, e soprattutto, quelli che sono impegnati in ambito sociale e politico, ai quali soprattutto sembra rivolto l’ammonimento di Gesù, secondo cui “ Nessuno può servire due padroni , perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Mt 6, 24).

Già …o l’uno, o l’altro! Tertium non datur . Non ho la presunzione di insegnare nulla a nessuno, ma credo che come comunità cristiana dovremmo sentirci tutti impegnati a sostenerci e ad aiutarci reciprocamente in questa tensione a dare testimonianza concreta della bellezza di una vita civica onesta e operosa, capace di dare testimonianza della bellezza del messaggio di Cristo. Da diversi anni (in modo esplicito a partire dalla Lettera apostolica “Octogesima adveniens” di Paolo VI del 1971) la Chiesa ha riconosciuto la legittimità del pluralismo delle opzioni politiche. Ma c’è una testimonianza unitaria che i cristiani sono chiamati a dare, una testimonianza di unità che è, alla fine, la sola garanzia della loro libertà, una libertà che li porta a rispettare chi detiene il potere politico, ma a considerarlo come un uomo che è – egli stesso – sottomesso alla legge di Dio.

Già Tertulliano (II-III sec. d.C.) dichiarava con chiarezza: “ Rispettiamo l’imperatore nel modo che a noi è lecito e che a lui conviene, cioè come un uomo secondo dopo Dio. E qualunque cosa egli è, questo egli ha ottenuto da Dio, minore, tuttavia, a Dio solamente. L’imperatore stesso vorrà questo, giacché egli è maggiore di tutti in quanto è inferiore solamente a Dio”. L’obbedienza alla legge di Dio è la vera ed unica sorgente della Libertà vera per noi e per la società in cui siamo chiamati a vivere.

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