L’amico dell’ultima vittima a Cairate: «Mai più “ponte dei suicidi”, alzare le barriere»

CAIRATE – La vittima dell’ultimo suicidio dal ponte di Cairate, avvenuto nella notte tra sabato 21 e domenica 22 maggio, era un suo «caro amico e coetaneo», conosciuto «dai tempi delle scuole superiori». Perciò, di fronte ad un episodio che l’ha toccato da vicino e sconvolto, Alessandro, un giovane “under 30”, ha deciso di scrivere alle istituzioni competenti, le amministrazioni comunali di Cairate e Tradate oltre a quelle provinciali e regionali (e per conoscenza alle testate della stampa locale), per invocare interventi che impediscano il ripetersi di simili tragedie.

L’appello

«Credo che i Comuni e l’ente che gestisce la strada debbano mettersi una mano sulla coscienza per tutti i morti di questi anni» scrive il giovane. «Serve un deterrente per evitare delle morti inutili – l’appello – recinzioni più alte e girate all’indietro come ad esempio quelle presenti nei campi sportivi, permetterebbero di limitare gli accessi e di conseguenza i suicidi». Anche perché, fa notare Alessandro, «non c’è cosa più brutta che un viadotto venga denominato “il ponte dei suicidi” da tutti gli abitanti della provincia senza che nessuno abbia fatto mai nulla di concreto per eliminare la nomina affibbiata».

La lettera firmata

Vi scrivo in merito al fatto di cronaca recentemente avvenuto sul viadotto che collega i comuni di Cairate e Tradate, in via Mayer a Cairate. Purtroppo un caro amico e coetaneo che conosco dai tempi delle scuole superiori, ha deciso di porre fine alla sua vita gettandosi dal sopracitato viadotto nella notte tra Sabato 21 e Domenica 22 Maggio (per gli abitanti della zona “il ponte della Cartiera” o “il ponte dei suicidi”). Credo che sia giunto il momento di portare all’attenzione la situazione; è uno dei viadotti più alti della zona ed essendo su strada provinciale, quindi facilmente accessibile, è spesso scelto da molte persone per porre fine alla propria vita (solo quest’anno è il secondo suicidio). Basterebbe vedere i fatti di cronaca degli anni passati per vedere come le numeriche siano spaventose e l’età media decisamente bassa (l’altro caso di quest’anno è un ragazzo di 28 anni). Tutti sappiamo benissimo che se una persona vuole suicidarsi e porre fine alla propria vita un modo lo trova, ma questo ponte è scelto proprio perché “è un posto sicuro” dove non si sopravvive data l’elevata altezza, l’assenza di acqua al di sotto e soprattutto per l’estrema facilità di accesso. Non è possibile che, in tutti questi anni, non si sia provato, perlomeno, a creare un deterrente. Sono state installate delle barriere a griglia (alte circa 2 metri) che sono tuttavia facilmente scavalcabili, troppo facilmente. Mi sono recato sul ponte con altri amici per capire come la persona in questione abbia potuto fare e la facilità con cui si riesce ad oltrepassare la protezione è impressionante; salendo sul guardrail con i piedi (dal passaggio pedonale) ci si alza di circa 1 metro; tanto basta per oltrepassare in pochi secondi la recinzione, anche per chi non è fisicamente prestante o più semplicemente per un bambino/ragazzino. Credo che i comuni indicati, e l’ente che gestisce la strada, si dovrebbero mettere una mano sulla coscienza per tutti i morti di questi anni. Come precedentemente riportato, è necessario creare perlomeno un deterrente, un dissuasore, come lo sono, per altre cose, gli autovelox in strade particolarmente pericolose, i dossi artificiali, o più semplicemente le protezioni per i binari del treno (raggiungibili si da alcuni varchi, ma averli protetti e recintati come si deve può renderne più complicato l’accesso e far desistere i meno coraggiosi).
Recinzioni più alte e girate all’indietro come ad esempio quelle presenti nei campi sportivi, permetterebbero di limitare gli accessi e di conseguenza i suicidi in quella zona e, a meno di non essere un atleta, sono un buon deterrente per evitare delle morti inutili; recintare l’accesso al ponte già dall’inizio della strada ed alzare le barriere come si deve, può realmente salvare delle vite. 
Non c’è cosa più brutta che un viadotto venga denominato “il ponte dei suicidi” da tutti gli abitanti della provincia senza che nessuno abbia fatto mai nulla di concreto per eliminare la nomea affibbiata.
Inserisco in copia anche VareseNews, Prealpina e Malpensa24 per la cronaca locale, La Stampa e Repubblica per la cronaca nazionale qualora volessero pubblicare quanto scritto o per portare semplicemente all’attenzione il tema.
Cerchiamo nel nostro piccolo di intercettare e limitare questi continui suicidi che causano solo dolore alle persone vicine e ai famigliari, piuttosto che stare semplicemente a guardare. Spero che questa lettera non venga cestinata e ringrazio anticipatamente tutti per l’attenzione.

Alessandro Sanvì

cairate ponte suicidi appello – MALPENSA24