Le due Leghe e il dato generazionale tra giovani padani e vecchi militanti

A sinistra una foto del 2005, gruppo Mgp a Gallarate dove si riconosce al centro Gualandris

VARESE – E’ vero: i leghisti hanno ragione nel sostenere che non esistono due Leghe. Perché forse sono anche di più. La stagione dei congressi provinciali (in attesa di quello congelatissimo di Milano) dà un verdetto difficilmente confutabile: la Lega non è più una. Il capitano Matteo Salvini porta a casa la pelle (politica) dalle forche caudine congressuali. Ma anche chi si è riunito per dare la spallata ha aperto qualche breccia, ma non ha ribaltato il Carroccio.

Le due Leghe: quella di Salvini e i “nordisti”

Come una mela. Perfettamente spaccata in due. Dai congressi provinciali esce così la Lega: salviniani e “resto del mondo” padano. Metà dei congressi vinti dal candidato vicino al capitano, l’altra metà ad appannaggio degli scontenti. Ma anche ogni singolo congresso è risultato spaccato a metà. Chi ha vinto l’ha fatto per un pugno di voti: a Bergamo (congresso consumato qualche giorno fa furono 8 i voti di distacco), come a Varese (12 voti in più per Cassani) come a Brescia (26 di vantaggio per la Sisti). Insomma chi ha vinto non ha stravinto e chi ha perso può contare su una minoranza numerosa e che non potrà essere ignorata. Considerazione: in politica chi prende un voto in più comanda. Ma 2 più 2 non fa sempre quattro, quindi oggi in campo c’è una Lega di Salvini maggioritaria (per un pelo o poco più) ma compatta e una Lega minoritaria ma non troppo, che però non si sa quanto coesa e nemmeno si sa quanto il Comitato nordista sappia, oltre a scaldare i cuori, a infondere l’animus pugnandi per ribaltare la catena di comando.

La Lega cresciuta con Salvini

E c’è la Lega cresciuta con Salvini. In quella palestra di addestramento che sono stati i Giovani Padani. Perché per comprendere cosa sta accadendo sul Carroccio ci sono ragioni politiche (si veda paragrafo precedente) e ragioni anagrafiche: si legga il post di Andrea Cassani e quanto accaduto a Como dove il congresso è stato vinto da Laura Santin e a Pavia dove a vincere è stato Jacopo Vignati. Filo conduttore tra i tre la militanza nel movimento giovanile del Carroccio. Ma andiamo con ordine.
E partiamo da Varese, anzi da Busto, teatro Sociale. E per l’esattezza dall’inizio del discorso congressuale di Andrea Cassani. Che, guarda caso, ricorda il suo ingresso in Lega nell’anno di grazia 2005: «A una riunione dei Giovani Padani…». Cassani parla – nella sala teatrale ancora si vota – ma colui che da lì a poco diventerà il primo segretario provinciale della Lega Salvini premier, ha già messo in chiaro chi sta dietro alla sua candidatura. Incipit che ripeterà nel suo post di ringraziamento a elezioni avvenuta. Snocciolando questa volta (come si fa con le formazioni che vincono il campionato) nomi e cognomi: Marco Albertini, Giada Arnaboldi, Marco Bordonaro, Alessandro Fagioli, Stefano Gualandris, Claudio Leone, Federico Martegani, Emanuele Monti, Melania Pedron, Marco Pinti, Andrea Tomasini, Fabio Tonazzo, Angelo Veronesi e Andrea Zibetti. E ribattendo a coloro che in fase di campagna elettorale bollavano il sindaco di Gallarate come il candidato dell’intellighenzia leghista: «Questo (riferito all’elenco tutto Mgp) è il mio establishment».

Il seminato leghista

Giovani (un tempo più di adesso) che hanno seguito diversi percorsi, conseguito diversi ruoli a vari livelli, senza però mai uscire dal seminato leghista per poi ritrovarsi dalla stessa parte nel momento della battaglia più complessa: difendere sì il leader, ma soprattutto colui che quella palestra l’ha frequentata insieme a loro: Matteo Salvini. E allora, anagraficamente, (quasi) tutto torna. A Varese con Cassani, a Como con la Santin e a Pavia con Vignati. Certo il segretario comasco è anche la moglie di Cecchetti (ma nella battaglia anti salviniana il legame d’amore non è detto che sia stato un plus), ma è anche colei che sul Breaveheart (il foglio informartivo dell’Mgp di Como) firmava il pezzo dal titolo “Io giovane padano”. Come giovane padano è stato Jacopo Vignati.
Seconda considerazione che completa la prima poco sopra: C’è certamente una Lega di Salvini che in linea di massima coincide con la Lega cresciuta con Salvini.

Trasloca la Betlemme del Carroccio

A dare lo sfratto alla Betlemme leghista ci aveva già pensato Davide Galimberti nel 2016, quando al ballottaggio sconfisse Paolo Orrigoni candidato del centrodestra e chiudendo in tal modo il ventennio leghista a Palazzo Estense. Galimberti ha poi concesso il bis nel 2021 confermando (e forse anticipando) la crisi leghista nella culla padana. Crisi poi esplosa alle ultime politiche. Numeri che hanno alimentato il malcontento dei “duri e puri”, che in buona parte si sono ritrovati sotto il tetto del Comitato Nord. Bossiani e non solo che, dopo i congressi lombardi, per come sono andate le cose hanno trovato la soddisfazione più grande a Brescia dove le redini del partito sono in mano alla nordista Roberta Sisti. E qualcuno dice: la nuova culla padana è la Leonessa d’Italia.