I Liberi Agricoltori scrivono al ministero: «Troppi danni causati dai cinghiali»

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VARESE – «Salviamo l’agricoltura». È questo l’appello lanciato oggi, sabato 30 ottobre, da Giovanni Giubilini, presidente varesino di Liberi Agricoltori, confederazione di categoria «che tra i suoi soci vanta sigle storiche e ha “la presunzione” di porre i problemi in altro modo: martedì 19 abbiamo inviato al ministro Roberto Speranza una lettera, firmata dal presidente nazionale Iacopo Becherini, sui danni creati dai cinghiali nel territorio. Hanno avuto uno sviluppo spropositato, a fronte di un alleggerimento delle azioni di controllo». Ma a mettere a rischio le attività agricole ci sono anche altri fattori, come il progressivo consumo di suolo o i costi delle materie prime.

Danni alle colture e incidenti stradali

«Vogliamo richiamare l’attenzione sul disastro ambientale in corso», ha spiegato Giubilini. «Abbiamo diverse specie che non c’entrano nulla con il nostro territorio; in Valcuvia sono stati introdotti cervi, mufloni, caprioli e, da ultimo, si sta pensando ai lupi. Sono animali bellissimi ma, a un certo punto, è obiettivamente esagerato».
E, mentre il cinghiale italiano è ormai presente solo in Sardegna, imperversano le razze centro europee: «Bisogna ridurre la popolazione degli ungulati: non solo provocano danni alle colture ma sono anche pericolosi per la salute pubblica, come dimostrano le tante vittime di incidenti stradali. Il nostro centro studi nazionale ha inoltre segnalato che, in caso di contatto con allevamenti domestici, i cinghiali possono trasmettere la peste suina africana. Bisogna cercare di mettere una pezza a una situazione che è già degenerata; ma la comunità dei cacciatori si è ridotta parecchio».

L’avanzamento dei boschi

Ai problemi legati alla presenza di specie alloctone si aggiungono quelli del territorio: «Dove prima c’erano strade ora ci sono frane e dove prima c’erano castagneti ora si trovano solo alberi sradicati dal vento. Ma non è una situazione creata esclusivamente da cause naturali, il fatto è che manca proprio la cura dei boschi. Il loro avanzamento può sembrare un miglioramento ambientale ma in realtà è il risultato degli operatori agricoli che lasciano. Un altro argomento da affrontare sono le concentrazioni degli allevamenti. In pianura si stanno realizzando insediamenti con più di mille capi mungitura: per me è un nonsenso, non abbiamo a disposizione spazi immensi come quelli americani o dell’Est europeo».

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Costi in aumento e burocrazia insostenibile

Come ha concluso Giubilini, «gli agricoltori non ce la fanno più: la sottrazione delle terre sembra inarrestabile e, quanto ai costi delle materie prime, si sono verificati degli aumenti imprevedibili, a due cifre». La richiesta è di una maggiore attenzione per i produttori: «Come in tutta la Lombardia, abbiamo il problema del latte: pagarne un bicchiere al bar un euro e cinquanta centesimi significa che, per cinque litri della stalla, ne vengono dati 35 centesimi al produttore. Stiamo perdendo la Cooperativa Prealpina Latte, è l’ultima realtà di questo tipo che abbiamo». Un altro grido d’allarme è per l’invecchiamento della popolazione degli operatori agricoli: «Il ricambio è veramente costoso. E, nonostante porti con sé aspetti positivi, oggi la burocrazia, per chi voglia insediarsi a norma di legge, è insostenibile».

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