La pazienza non infinita del nostro Nonno Mario

lodi nonno draghi

di Massimo Lodi

Da oggi è il nostro Nonno Mario. Uno che sa, senza farlo pesare. Uno che insegna, non impartendo lezioni. Uno che ha saggezza, temperata dall’arguzia. È il premier dal valore aggiunto. Risiede a Palazzo Chigi, ma è diventato l’inquilino dell’immaginario collettivo. Difatti gode del massimo di popolarità assieme a Mattarella.

La chiacchiera governativa di fine d’anno propone il Draghi già noto: un concreto visionario. Illustra cose fatte, indica cose da fare. Pragmatico e insieme lieve, perché dotato di rara sagacia, a volte espressa con beffardo battutismo, a volte trattenuta dietro un mezzo, rivelatore sorriso. Nell’un caso e nell’altro, gli occhi volgono all’insù, in un tic che si direbbe quasi d’ispirazione verdonesca. Obbligata condiscendenza.

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Massimo Lodi

Il soave profilo del personaggio nasconde l’anima ruvida della determinazione. Cioè a spigoli irrinunciabili: sono i capisaldi d’un vero “civil servant”. Draghi li fa percepire, anzi: li esibisce, portando chiarezza nel suo futuro pubblico. Personalmente, gliene importa zero. Istituzionalmente, dicano gli altri. Tocca al Parlamento, ai partiti, alla classe politica e dunque alle rappresentanze popolari decidere se sia meglio ch’egli resti dov’è o traslochi al Quirinale oppure nessuna delle due. Non è un chiamarsi fuori. Ma un chiamare ciascuno alle proprie responsabilità, dopo aver ricordato qual è la complicata situazione sanitaria, economica, sociale del Paese.

Il nostro Nonno Mario dà l’okay a spendersi ancora per l’Italia, purché chi detiene le chiavi delle porte d’ogni potere non dissipi un tesoro di credibilità internazionale in egoismi di parte, convenienze di bottega, giochi di reciproca sopraffazione. Non lo dichiara, Draghi, ma probabilmente lo pensa: gli sembra ridicolo che ogni giorno salti su il leader Pincopallo a chiedergli di manifestare che poltrona vuole; e un secondo a raccomandargli la permanenza a Chigi; e un terzo a invocarne l’ascesa al Quirinale; e un quarto a imbastire obliqui ragionamenti, mirando a elezioni anticipate l’anno venturo invece che, come da regola di legislatura, nel 2023.

Tutti nipoti un po’ monelli, dà ad intendere il nostro Nonno Mario. Pure a lui piace scherzare. Però non col fuoco. La nota rilevante inviata dal caminetto natalizio appare di semplice lettura: il presidente del Consiglio ha una voglia infinita d’adoperarsi, perché tanto gl’impone il senso del dovere. Non un’infinita pazienza nel sopportare, perché tanto gl’intima la dignità verso sé stesso. Stiano attenti a non esagerare, quelli che lo tirano di qua e di là, fino a strattonarlo: il nostro Nonno Mario potrebbe togliere il disturbo, e dedicarsi alla sua famiglia anziché a quelle dei connazionali. Patriota sì, ma fino a un punto preciso e non esplicitato: o salgo al Colle o scendo dal carro. Ipotesi che terrorizza l’arena romana perché contentare il richiedente significherebbe avviare il semipresidenzialismo di fatto annunziato tempo fa da Giorgetti. Con ricadute inimmaginabili e pericoli annessi.

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