Malpensa, la politica e le istituzioni raccolgano la sfida

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di Gigi Farioli

Malpensa, si sa, è per noi bustocchi un nome che, come un’eterna icona della storia, prima che delle nostre biografie individuali, evoca sentimenti e riflessioni che in queste settimane hanno occasione di essere ulteriormente stimolati. Soprattutto per chi, come noi, ha avuto anche l’occasione, l’opportunità, il concreto desiderio, tradotto tra l’altro in concreti impegni anche politici ed istituzionali, di partecipare al sogno di un aeroporto che, al centro ormai da decenni, di alterne fortune e ambiziosi progetti, potesse costituire, in un più ampio sviluppo sostenibile, occasione di crescita equilibrata ed efficace, per l’intero Paese a cominciare dal territorio che al proprio interno lo ospita.
Sin dalla fine del secolo scorso col sogno/progetto della Grande Malpensa – allora destinata secondo i progetti europei condivisi, almeno teoricamente, dal nostro governo centrale a costituire hub strategico dell’Europa meridionale con Alitalia già allora (sic!) al centro di ipotesi di parziale o totale privatizzazione come compagnia di riferimento per l’hinterland – ha costituito una sfida per le classi dirigenti, istituzionali, politiche ed imprenditoriali del nostro Paese. E della nostra Regione e provincia in particolare.
Come ben ricorda in un eccellente editoriale il direttore Vincenzo Coronetti, il mantra “straordinaria opportunità per il territorio“, occasione unica di crescita economica ed occupazionale della provincia, ha costituito e costituisce tuttora il refrain dei discorsi “ufficiali“ dei diversi attori protagonisti pro tempore, senza che, a nostro avviso, tale dichiarato obiettivo sia sempre accompagnato da coerenti, conseguenti ed efficaci azioni concrete. Della buona politica. Chiamata a governare i processi di crescita e sviluppo e garantire che ciò che per molti è ancora vissuto come un sacrificio di un territorio (tra l’altro inserito totalmente in provincia di Varese e in gran parte in condivisione col Parco del Ticino) diventi davvero l’opportunità concreta di un ritorno non solo compensativo per il territorio e le comunità lombarde a cominciare da quelle della provincia di Varese e del territorio dell’area vasta dell’Alto Milanese.
Non vogliamo in questa sede tornare sui molti errori, a nostro umile parere, e alle troppe miopie o eccessivi egoismi particolaristici, di cui Alitalia prima e Malpensa sia prima che poi, sono stati vittime. Basti citare solo a titolo esemplificativo il condizionamento romanocentrico su Alitalia che non ha mai dimostrato di credere fino in fondo all’hub Malpensa visto come concorrente di Fiumicino, l’eccessivo condizionamento di Milano Città (principale azionista di SEA) troppo forse attenta al ”suo” aeroporto “sottocasa” (Linate), la purtroppo atavica debolezza delle nostre istituzioni nel fare davvero sistema. In questi giorni sono avvenuti almeno tre fatti che, a nostro avviso, obbligano a un deciso cambio di passo.
Il perfezionamento della cessione di quote di ITA a Lufthansa che, a nostro avviso, pur nel giudizio sostanzialmente positivo per la chiusura (!?) di un processo pluridecennale di crisi Alitalia che tanto denaro del contribuente ha colpevolmente drenato, qualche ricaduta sullo sviluppo di Malpensa potrebbe avere, ma soprattutto la presentazione a Malpensa da parte di Confindustria Varese del Piano Strategico di Sviluppo come tappa essenziale del road map di presentazione del Piano stesso, e la riapertura del Terminal 2 con annessa pomposa riinaugurazione con banda e tartine annesse. Quello su cui vogliamo concentrarci sono gli interventi di molti dei presenti ai due appuntamenti che vogliamo condividere. In sintesi, due sono i temi prevalenti: la condivisa consapevolezza della opportunità strategica che può (noi diciamo deve) costituire lo sviluppo dell’aeroporto per tutta la provincia e il territorio lombardo, l’affermata volontà da parte delle autorità intervenute (a cominciare dal Presidente Fontana) di non “tarpare le ali alla crescita del territorio e di Malpensa“.
Non amiamo la nostalgia, né vogliamo far parte del girotondo di coloro che rimpiangono i tempi andati. Ma, almeno alla fine del secolo scorso, istituzioni diverse: Governo (allora di centrosinistra con Prodi presidente e Burlando ministro, Regione con Formigoni presidente e la Lega in minoranza, la provincia di Varese e Milano con la Lega monocolore) si sforzarono di fare squadra. Allora, col coinvolgimento di tutte le forze politiche, sociali, imprenditoriali, gli enti e le istituzioni si tentò una visione di insieme che sfociò nella Legge Speciale Malpensa (Legge 10 del 1999) che inserì al proprio interno ipotesi di investimenti infrastrutturali e non solo e una pianificazione provinciale elaborata dalla allora Provincia di Varese presieduta da Massimo Ferrario. Il piano di cui alla legge 10 è ormai ampiamente scaduto. Nel frattempo però, e precisamente con Legge regionale 12 del 2005, la Regione si è dotata di una legge che, governando e normando le programmazioni urbanistiche, ha normato e introdotto tra gli strumenti di programmazione il Piano Territoriale d’Area Regionale quale strumento specifico per realtà connesse a importanti realtà infrastrutturali. Uno strumento che consente di inserire, in un contesto d’area vasta, infrastrutture che necessitino di essere meglio contestualizzate come elemento di sviluppo con importanti ricadute nella proficua ed efficace programmazione ambientale, sociale, economica ed infrastrutturale. Strumento di programmazione che può essere delegato agli enti più prossimi.
Quale strumento migliore per far tornare protagonisti dello sviluppo sostenibile e consapevole le realtà istituzionali interessate, insieme con le forze economiche, imprenditoriali, sociali e sindacali? Quale occasione migliore perché un’opera essenziale per lo sviluppo complessivo del Paese, della Lombardia lo sia anche nel rispetto consapevole delle legittime aspettative delle comunità territoriali lombarde e varesine in particolare? Come noto negli ultimi anni è prevalsa la logica del masterplan che, per definizione è funzionale all’aeroporto in sè e alla società di gestione. Un piano territoriale d’area vasta regionale, magari delegato alla Provincia di Varese, sola o insieme con la Città metropolitana di Milano, costringerebbe a un deciso salto di qualità in cui la politica, quella buona, possa giocare un ruolo da protagonista. Non più un territorio che si sacrifica e sacrifica se stesso ad un’opera e ai suoi legittimi gestori (tra l’altro oggi SEA, di cui alcuni comuni della provincia e la provincia stessa sono piccoli azionisti assolutamente minoritari e Milano e il socio privato che indica l’Amministratore delegato hanno chiaramente maggior peso), ma un essenziale investimento infrastrutturale che costituisce, giustamente, concreta occasione di sviluppo sostenibile e crescita per il territorio e le sue comunità. Proponiamo questo da mesi. La politica, la buona politica, batta un colpo. Anche, per dirla con Coronetti, per passare dalle ciacole e dalla retorica alla concreta azione di governo della Polis e al suo indifferibile valore etico. Per dirla con Paolo VI, senza voler esagerare, quella politica che è, anche per il credente, la più alta ed esigente forma di carità, inferiore solo alla verità e alla fede.

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