Mascherine e tamponi, le Giöbie bruciano il Covid. Il risotto? A casa o al ristorante

BUSTO ARSIZIO – Una giornata della Giöbia all’insegna della pandemia: è questo il male da scacciare, anche perché ha impedito la vera festa di popolo. Il fantoccio “ufficiale”, l’unico che verrà bruciato questa sera, 27 gennaio, nel falò a porte chiuse organizzato nel giardino quadrato del Museo del Tessile, è quello della Famiglia Bustocca, che rappresenta la “vecchia” con in mano una serie di mascherine. Poi c’è quello della Famiglia Sinaghina, che ironizza sulla corsa ai tamponi raffigurando la strega come una “farmacista arricchita”. Anche l’istituto La Provvidenza invece ha scelto una Giöbia con il test antigenico, con il proposito di “brusà a pesti dul dì d’incò”, bruciare la peste del giorno d’oggi.

La Giöbia “istituzionale”

La Giöbia ufficiale è quella della Famiglia Bustocca, esposta in piazza Santa Maria dalla mattina di oggi, 27 gennaio. Un fantoccio molto tradizionale, che porta con sé una serie di mascherine, accompagnato come d’abitudine da una spiegazione in dialetto bustocco (con traduzione a fronte). “Poa Giöbia, la gira par Busti, ma gh’ha sembra da èssi in d’un oltar paesi“. Si racconta di una “vecchina” spaesata, che per via delle mascherine “riessi nanca a ricugnussi i végi amisi” (non riesce a riconoscere nemmeno i vecchi amici) e che non capisce il linguaggio del giorno d’oggi, tra lockdown, smart working e green pass (“i disan che ì butii a hinn in lockdown, che ul lauà al sa fé in smart working e che par ‘ndà all’ustaia par mangià ‘na picula a te a faghi idé cha ti ghé ul greenpass” ), quindi si rivolge alla Madonna dell’Aiuto, proprio in Santa Maria, per far sì “chésta panghenemia e che tùtu stu rabelétu al finissa alla svèlta”. Alle 18 verrà spostata al giardino quadrato del Tessile per il falò, alla presenza del sindaco, degli assessori e dei capigruppo consiliari. In diretta streaming per i cittadini.

Le altre Giöbie

Va sul classico anche il fantoccio realizzato dagli ospiti dell’Istituto La Provvidenza, che in tempi normali sarebbe stato il primo ad essere dato alle fiamme, se non fossero stati vietati tutti i falò per evitare gli assembramenti. Porta con sé un test antigenico e annuncia il suo ritorno “tème tradizion” (come vuole la tradizione) con le idee chiare: “Chest’an a brusàm a pesti dul dì d’incò“. Ovvero, quest’anno bruciamo la peste dei giorni nostri.

A Sacconago è spuntata invece la Giöbia più dissacrante, nello spirito di una tradizione che in passato aveva messo all’indice leader mondiali e fenomeni epocali, fino alla controversia sulla ex presidente della Camera Laura Boldrini, che fu raffigurata nel fantoccio e data alle fiamme dai Giovani Padani. La satira della Famiglia Sinaghina prende di mira la categoria dei “farmacisti arricchiti”, con un fantoccio in camice bianco che tiene in mano il bastoncino per il test molecolare e la tessera sanitaria: “Venite a me a far tamponi, è pieno di Covid”.

Niente risotto di popolo

In molti sui social si sono rammaricati dell’assenza della tradizionale distribuzione del risotto e luganiga dopo il falò. Ma ad ovviare ci hanno pensato molti ristoratori della città, che stanno proponendo in menù, ma anche fuori menù, per l’asporto, i piatti tipici più legati alla tradizione di questa festa popolare: il risotto con la salsiccia “dul Di scenen”, ma anche la polenta e bruscitti e la cazoeula. Un modo per continuare la tradizione almeno a tavola.

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