Mensa dei poveri: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori

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di Gian Franco Bottini

Quando parliamo di “giustizia” cerchiamo di farlo con i  “piedi di piombo”. Senza un’esperienza professionale specifica, ci dobbiamo accontentare di vedere le cose con gli occhi dei milioni di italiani che considerano  la “giustizia” il cardine di una pacifica convivenza, con la speranza, mai doma, di poterla considerare anche “giusta”.

Abbiamo, pochi giorni fa, sollevato dei dubbi sull’utilizzo, da parte del Tribunale di Busto , della “giustizia riparativa” applicata ad un efferato femminicidio. Pochi giorni dopo, il Tribunale di Milano ha ritenuto opportuno fornire ai propri giudici delle indicazioni precise sulla materia; indicazioni che, pari pari, recepivano e sanavano tutte le perplessità da noi espresse.

Una soddisfazione per noi, non per vanità ne per la presunzione di essere stati letti ed ascoltati, ma semplicemente perché la cosa ci rafforza nel convincimento che anche noi, cittadini qualunque, possiamo essere in grado di dare dei giudizi credibili anche su una materia solitamente così “blindata”, come la giustizia, da apparire, a volte, persino settaria.

Si è conclusa in questi giorni la vicenda giudiziaria conosciuta come “Mensa dei poveri”, relativa a presunti casi di corruzione politica e che all’inizio ha coinvolto una ottantina, o forse più, di cittadini e di politici prevalentemente delle nostre zone.

Per chi non avesse seguita la vicenda, alcuni mesi fa una decina di indagati hanno deciso di “patteggiare” ottenendo, come la legge prevede, una riduzione di pena per aver collaborato con la giustizia e, inutile negarlo, avendo riconosciuto le proprie responsabilità in episodi non del tutto corretti e che coinvolgevano  anche altri indagati, i quali hanno invece preferito affrontare il processo che si è in questi giorni concluso.

Di questi ultimi la stragrande maggioranza è stata assolta e la cosa non può che aver creato, nell’”uomo qualunque”, perplessità, se non dubbi.  

Vi assicuriamo di non essere dei giustizialisti e di non fare parte di quella schiera che, stando alla stampa, si rammarica per delle mancate condanne. Rispettiamo i giudizi e non vogliamo entrare nel merito delle responsabilità, non avendo ne competenza ne conoscenza; non possiamo però non farci delle domande da uomo della strada.

Come è possibile, ci chiediamo, che non poche, ma decine di persone, che il Pubblico Ministero ha portato in giudizio, sulla base di prove ritenute convincenti (molte delle quali sicuramente provenienti dai “patteggiatori” stessi), sono andate poi assolte all’esame del Tribunale? 

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Gian Franco Bottini

Una così, anche numericamente, eclatante differenza di opinioni fra P.M. e Tribunale crea dei dubbi sull’inefficienza di qualcuno! Poco male, si può dire, “chi lavora sbaglia” ma non si può certo dimenticare che quelle decine di persone, e relative famiglie, per qualche anno hanno messo in discussione la loro serenità. Capire e spiegare chi ha “sbagliato” sarà doveroso,  perché nelle due ipotesi possibili si  aprono  scenari totalmente diversi, rispetto a quella fiducia nella giustizia dell’”uomo qualunque”, della quale poc’anzi si parlava.

Ma non solo. Fra i “patteggiatori” che stanno pagando le loro pene, ve ne sono sicuramente alcuni che, in virtù della loro “collaborazione” con la giustizia, hanno praticamente ammesso le loro responsabilità e contestualmente (non si fa nulla da soli!), in qualche caso anche quella di loro cosi detti correi, che oggi il Tribunale ha mandato assolti. Per semplificare: per uno stesso episodio un condannato ed un innocente.

La questione si complica e anche in questi casi speriamo che nelle motivazioni del Tribunale si riesca, in maniera convincente, a fornire tutte le giustificazioni del caso; quelle valide non solo per gli uomini di legge, abituati a digerire i cavilli procedurali, ma quelle convincenti anche per l’”uomo qualunque” che, povero “sprovveduto”, ha degli schemi mentali molto più limitati.

Non ci sembra fuori luogo pensare che qualcuno dei suddetti “patteggiatori” si possa sentire danneggiato, o addirittura turlupinato, e ricorrendo a qualche giudizio suppletivo, visto come le interpretazioni possono essere diverse, ottenga a sua volta l’annullamento del suo patteggiamento e magari con richiesta di danni conseguenti. La frittata sarebbe completa!

Sono tutte perplessità e ipotesi che naturalmente non tengono conto di passaggi procedurali che potrebbero renderle improbabili ma che, all’”uomo qualunque”, non farebbero che accrescere i suoi dubbi e le sue diffidenze.

Ci potremmo sbagliare, ma di questa “Mensa dei poveri” siamo solo al primo piatto!

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