Nino Caianiello a Report: «Attilio Fontana è un front office della politica»

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VARESE – «Attilio Fontana non fa la politica, è un gestore della politica e risponde agli accordi. Attilio Fontana è un front office della politica». Quello che Report ha offerto ieri sera, lunedì 19 ottobre, è una mappa della politica lombarda che da Varese attraversa Lonate Pozzolo e arriva a Milano. E «Front office della politica» detto per descrivere il ruolo del Governatore della Regione Lombardia Fontana è una definizione che soltanto Nino Caianiello poteva dare.

Politica e presunti affari di famiglia

Il servizio che Report dedica agli affari di famiglia mescolati alla politica varesina e non solo si apre sulla vicenda camici. Quei camici prima venduti, poi donati alla malparata a Regione Lombardia una volta emerso pubblicamente il conflitto di interesse, con Fontana che ha cercato di restituire parte dell’incasso perso al cognato Andrea Dini, Ad della Dama, ordinando un bonifico (poi fermato) da 250mila euro da un conto scudato in Svizzera. Una vicenda costata un avviso di garanzia sia al Presidente che al cognato che allarga il focus degli interessi mischiati al potere a Varese e non solo. E allora si passa dal terreno da 4mila metri quadrati ereditato dalla figlia di Fontana nel 2012 e trasformato, con Fontana sindaco di Varese, in terreno edificabile con voto favorevole dell’allora primo cittadino. Anche lì ci fu un esposto in procura: procura, quella varesina, che archiviò il tutto velocemente perché quel voto non fu determinante. Insomma il cambio di destinazione sarebbe passato lo stesso.

I cavalli della moglie di Giorgetti

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E ancora gli incarichi a Maria Cristina Fontana, figlia del Governatore, come consulente legale all’Asst Nord Milano, Report parla di conflitto di interesse ma non ci sono indagini sul caso. Così come non ci sono inchieste sull’utilizzo in comodato d’uso gratuito per quattro anni da parte della moglie di Giancarlo Giorgetti, senatore e già sottosegretario alla presidenza del consiglio, dell’ippodromo di Varese. «Non c’è reato – dicono a Report – Tuttavia questo è stato possibile con Fontana sindaco della città».

I consigli di Ninuzzo

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E dopo questa panoramica Report torna ai camici: chi fu il gancio di Dini per la fornitura sotto inchiesta? L’assessore Raffaele Cattaneo. «E chi ha fatto in modo che Cattaneo venisse nominato? – chiede Sigfrido Ranucci, conduttore di Report – Il consigliere occulto di Fontana. Perché non “Si muova foglia che Nino non voglia“», cita il giornalista. E quella che Report racconta è una ragnatela di potere che in provincia di Varese da anni conoscono in molti. In un’intercettazione Fontana dice a Caianiello: «Hai visto Ninuzzo, i tuoi consigli per la giunta regionale li ho seguiti quasi tutti. Mi sembra che sia una giunta abbastanza bella». Del coinvolgimento di Caianiello in Mensa dei poveri tutti sanno. Davanti alle telecamere il Mullah ha ammesso di aver preso tangenti “Non sono più i tempi di Tangentopoli. Quelle cifre oggi non ci sono più: io chiedevo il 7, mo davano il 4” e di aver «Dato una mano» per l’elezione di Fontana a presidente di Regione Lombardia. «Matteo Bianchi (segretario provinciale della Lega a Varese ndr) mi chiese una mano per la lista di Fontana presidente. E io gliela diedi». E Caianiello ammette che una mano l’ha data a molti: «Io non ho mai chiesto niente, erano loro che chiedevano a me». In fila davanti all’Haus Garden di Gallarate«L’ambulatorio» tanto citato nelle carte di Mensa dei poveri, c’era gente comune, imprenditori «politici, carabinieri, poliziotti e finanzieri» aggiunge il Mullah. Tutti a chiedere un favore: un lavoro, un aiuto.

La ‘ndrangheta vota

Un uomo di potere. Che definisce Fontana «un front office della politica. Lui non doveva decidere, lui era quello da presentare». E in scena arriva anche l’ex sindaco di Lonate Danilo Rivolta arrestato nel 2017 che ha poi patteggiato a 4 anni: dalle sue dichiarazioni hanno preso le mosse le due principali inchieste giudiziarie che hanno coinvolto la provincia di Varese negli ultimi anni. Krimisa, che ha decapitato la locale di ‘ndrangheta Legnano-Lonate e, appunto, Mensa dei poveri che ha cancellato Forza Italia con l’arresto di Caianiello stesso. Emerge un punto di unione tra le due indagini. E’ la figura di Peppino Falvo, indagato per voto di scambio, il re dei Caf referente dei Cristiano Popolari. E’ lui, per stessa ammissione di Rivolta, che nel 2014 lo contatta dicendo che Franco (Salvatore) De Novara, indagato per vicinanza ai clan calabresi lonatesi, ha interesse a mettere qualcuno «gradito alla ‘ndrangheta» in giunta in paese. In cambio di voti: Rivolta vincerà per 300 voti e Francesca De Novara, figlia di Franco, sarà nominata assessore alla cultura. Caianiello, davanti alle telecamere di Report, ammette di aver incontrato i De Novara. E alla domanda se sapesse che erano vicini all’ndrangheta Nino risponde: «Sapevo che erano sul filo». E allora perché riceverli e accettare la candidatura? «Questa gente vota – risponde il Mullah – E si vince anche solo per un voto. Qualcuno avrebbe dovuto intercettarli». Descrive benissimo la situazione, a questo punto, la testimonianza (anonima) di un ex funzionario del Comune di Varese. Lui segnalò i presunti conflitti di interesse dell’epoca di Fontana sindaco: «Tutti sapevano, mi venne detto. Ma nessuno fece niente».

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