Patrizia Testa: “Iscrivo la Pro Patria, ma non sono eterna”

Tigrotti in festa (foto Marco Giussani)

BUSTO ARSIZIO – Diamo a Patrizia quel che è di Patrizia. Se da otto anni l’iscrizione al campionato della Pro Patria equivale ad una pura e semplice formalità – come lo sarà anche nella stagione 2023/2024 – il merito ha solo un nome e cognome: Patrizia Testa. Questa è la premessa doverosa per chi, senza strutture, senza parcheggi e con evidenti sacrifici economici personali, sta tenendo in piedi da sola (per meriti e per colpe) la gloriosa squadra di Busto Arsizio, l’unica professionistica della provincia.

Poi ci sono però anche altri dati di fatto, tali per cui la presidentessa bustocca ha dovuto esprimere il suo pensiero sulla stagione biancoblù da poco conclusa non in una tradizionale e convenzionale conferenza, aperta anche a quella stampa definita “non vicina alla proprietà”, bensì attraverso un videomessaggio, legittimo, autorevole, ma pur sempre privo di contraddittorio.

“Atteggiamenti” figli di una stagione vissuta tra troppi veleni, incomprensioni e scomode verità, derivate da un passato (non certo politico) che ancor oggi risulta difficile da dimenticare, e sfociate in spigolature che hanno letteralmente azzerato rapporti e relazioni, non solo con la stampa. Una Pro Patria che si loda all’interno, fra signor sì, amicizie di convenienza e un pizzico di spocchia, ma che si imbroda invece all’esterno, dove i numeri (degli abbonati, degli spettatori e degli sponsor) purtroppo non mentono, rispecchiando l’altro lato della medaglia.

Ma nelle parole di Patrizia Testa, più che un atto di accusa, abbiamo voluto intravedere – o almeno ci piace così credere – una mano tesa. Una richiesta d’aiuto, frenata magari dall’orgoglio umano, ma palesata dai quei sentimenti per cui tutti – belli e brutti, buoni e cattivi, simpatici e anticipatici, presenti e assenti, sceriffi e banditi, dipendenti e indipendenti, zerbini e autonomi, fedelissimi e infedeli, leccapiedi e complottisti, sponsor e braccini, filosocietari e anarchici – vogliono comunque bene alla Pro Patria.

Meglio insomma una Pro Patria unita, compatta, umile, un po’ più diplomatica e magari anche “simpatica”? O una Pro Patria isolata, chiusa in se stessa da sembrare quasi presuntuosa, e soprattutto lacerata e indebolita dalle solite lotte intestine?

Perciò – per dirla alla Guidali in quel leggendario 26 febbraio del 1919, anno di fondazione della squadra dal nome e dalla maglia più bella del mondo – visto che si deve ricominciare daccapo, io dico di unirci tutti quanti in una sola grande società, capace di difendere degnamente il nome e il prestigio di Busto Arsizio”.

Patrizia Testa Pro Patria – MALPENSA 24