Pd Gallarate: «Cassani si doveva dimettere già un anno fa»

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Il capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale, Giovanni Pignataro

GALLARATE – Le dimissioni di Andrea Cassani il Pd di Gallarate le chiedeva già un anno fa, quando scoppiò lo scandalo giudiziario “Mensa dei poveri”. Le ribadì lo scorso novembre, quando il sindaco venne iscritto nel registro degli indagati. Torna a chiederle oggi, 30 maggio, con il nome del primo cittadino gallaratese che compare nell’avviso di conclusione delle indagini firmato dai pm milanesi. Tra venti giorni la magistratura potrebbe chiedere il rinvio a giudizio per Cassani, ma per i dem non c’è più tempo da perdere: «Gli auguriamo di dimostrare la propria innocenza, ma non mutano le ragioni politiche che avrebbero dovuto consigliargli già a maggio 2019 di rimettere il proprio incarico».

I primi a parlare

Gli esponenti del Partito democratico sono i primi a rilasciare dichiarazioni ufficiali nell’ennesima giornata difficile per la politica di Gallarate. Lo fanno attraverso un post, pubblicato sulla pagina ufficiale della sezione, che riportiamo integralmente:

Cassani si doveva dimettere da sindaco un anno fa: oggi la chiusura delle indagini per turbativa di asta nel procedimento penale a suo carico, nel quale gli auguriamo di dimostrare la propria innocenza, non muta le ragioni politiche che avrebbero dovuto consigliargli già da allora di rimettere il proprio incarico.

Invece Cassani è andato avanti, come se nulla fosse, scrollandosi di dosso la responsabilità politica di aver guidato l’amministrazione senza accorgersi (nel migliore dei casi, cui vogliamo credere, in quanto garantisti, applicando nella massima estensione l’ottimismo della volontà) del peggior sistema di malaffare che la nostra città ha mai conosciuto dal dopoguerra ad oggi. Un sistema che prosperava proprio sotto il naso del sindaco e che ha visto non uno, ma due assessori all’urbanistica della sua giunta venire sottoposti a provvedimenti cautelari (ed è di poco fa la notizia che anche l’ex vicesindaco Carù, di Forza Italia, sarebbe indagato).

Nonostante tutto Cassani ha proseguito a governare senza mettere in discussione nessuna delle basi che reggevano l’architettura politica della sua maggioranza.

Ha accentuato, anzi, il profilo fazioso, da militante tifoso che ha sempre avuto, e che non è riuscito a smettere nemmeno durante l’emergenza da coronavirus, sempre attaccato ai social network a spargere insulti per chiunque non fosse d’accordo con lui, mostrando verso l’opposizione e le sue proposte una chiusura e un odio ingiustificati e ingiustificabili.

Il prospettarsi di un possibile futuro rinvio a giudizio di Cassani non cambia di molto quanto abbiamo affermato un anno fa dicendo che vi era una responsabilità politica enorme del sindaco che ne imponeva le dimissioni: sarà interessante invece sentire oggi le dichiarazioni dei capigruppo e dei consiglieri di maggioranza, dei Deligios, dei Lozito, dei Canziani, dei Ceraldi, dei De Bernardi Martignoni, confrontandole con quanto andavano dicendo nei passati consigli comunali, quando votavano per ben due volte contro una mozione di sfiducia al sindaco.

In attesa delle reazioni dei consiglieri di maggioranza di una cosa, però siamo sicuri, e cioè del fatto che il sindaco si si sottoporrà immediatamente ad interrogatorio, come ha sempre detto di volere fare: chiuse le indagini è un suo diritto correre dal PM a chiarire tutto, nulla glielo impedisce.

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