Preshar: il tessile di Gallarate che non si arrende alla crisi. La riconversione

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GALLARATE – Un fatturato arrivato a sfiorare perdite del 40% su base annuale. La crisi da Coronavirus si prende parte del mercato artigianale di Preshar, azienda tessile di Gallarate nata nel 1989 come sala taglio di materiale per conto di terzi, ma anche di modellistica e di produzione propria. Ora prova a rialzarsi con la produzione di mascherine, consapevole che non sarà sufficiente per ripartire se lo Stato non aiuterà il sistema produttivo italiano, da sempre il motore del Sistema Paese.

La produzione di mascherine

«Una fetta di guadagni che difficilmente riusciremo a recuperare in tempi a medio o lungo termine – racconta il titolare dell’azienda, Fabrizio Occhio –  E’ una situazione di grande sofferenza economica, soprattutto perché abbiamo una serie di scadenze da onorare in termini di affitto, tasse e Iva». Un contesto complicato, a cui si aggiungono «i mancati pagamenti di lavorazioni, effettuati da gennaio in avanti, che non ci sono stati corrisposti (dichiarando, come scusa, la mancata vendita) portandoci ad una situazione ancora più drammatica». E ipotizza una ripresa lenta, probabilmente non prima di settembre o ottobre.
Alla fine di marzo, in Italia molte attività hanno ricominciato a lavorare con la fase 2. Anche Preshar ha provato a rimboccarsi le maniche per recuperare terreno e ha chiesto e ottenuto la riconversione produttiva per realizzare mascherine filtranti e protettive.
«Appena avuto, con molta difficoltà, il materiale a disposizione ci siamo subito attivati per la produzione delle stesse», commenta Fabrizio Occhio.

Mascherine in dono

Il primo blocco di produzione è stato donato alle forze dell’ordine di Gallarate (Polizia di Stato, Carabinieri, Vigili Urbani, Guardia di Finanza), alla Protezione Civile di Gallarate, Varese e Lonate Pozzolo, ai Carabinieri di Lonate Pozzolo e ad alcune Rsa di Gallarate e Varese, ricevendo da tutti «i più calorosi ringraziamenti per il gentile e utile pensiero».
Ma non solo le forze dell’ordine, anche la onlus di Busto ‘La Casa Gialla’ ha ricevuto una donazione di 150 mascherine lavabili e riutilizzabili, realizzate con materiale certificato: «Tramite un conoscente che presta il suo tempo come volontario, abbiamo saputo della scarsità di mascherine a disposizione – spiega Occhio – ha chiesto una mano e ovviamente ci siamo attivati per fare avere loro il nostro contributo». E a proposito dell’attività di volontariato sottolinea: «La nostra non vuole essere una autocelebrazione, ma il segno della nostra grande apprensione del momento a cui possiamo rispondere con i nostri manufatti».

Lo Stato intervenga il prima possibile

Le attività chiamano a gran voce per essere ascoltate e aiutate: «La nostra azienda non riesce a provvedere a tutte le incombenze economiche e, purtroppo, i ventilati ‘aiuti statali’ sono per noi piccoli artigiani una chimera irraggiungibile». Poi il titolare di Preshar aggiunge: «Il commercio delle mascherine non riesce sicuramente a supportare le perdite enormi che stiamo affrontando e purtroppo siamo stati lasciati soli ad affrontare una situazione che rischia di portare al fallimento tante piccole realtà come la nostra, ma può essere un aiuto per tamponare le perdite economiche che si stanno accumulando». Una differenza notevole con le grandi realtà imprenditoriali, forti di un sostegno che rende il gap ancora più marcato: «Le banche non ci considerano, perché non possiamo garantire un volume d’affari adeguato alla restituzione dei prestiti».

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