Renzi direttore: una buona notizia

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Matteo Renzi sostituisce alla direzione del Riformista Piero Sansonetti, che andrà a dirigere l'Unità

di Massimo Lodi

Matteo Renzi direttore del quotidiano Il Riformista è una buona notizia per il giornalismo, per la politica, per le dinamiche economico-sociali, per gli umori culturali, per tutto quanto vi pare. Comunque la si pensi su di lui, Renzi ha lo stigma visionario del protagonista, dunque la qualità del valore aggiunto, quindi le caratteristiche utili a promuovere idee, dialettica, soluzioni, vitalismo, progresso. Pur sotto un diluvio di critiche, talvolta.

Insomma, un’eccentricità dai grigiori convenzionalisti del tempo corrente. Vero (1) che ebbe la chance di governare a lungo e, alzando la posta in gioco causa over-fiducia in sé stesso, fallì. Ma vero (2) che il progetto di revisione costituzionale venne affondato clamorosamente/perfidamente da una parte del Pd, il suo partito. Vero (3) che pagò cara la sottovalutazione di Berlusconi, emarginandolo otto anni fa nella scelta del presidente della Repubblica e ricevendone il no all’abolizione del Senato e a tutto il resto, compresa la legge elettorale maggioritaria. Ma vero (4) che Renzi si è riscattato alla grande: ha promosso l’insediamento di Draghi a Chigi, impedito l’espandersi della deriva populista, assegnato al centrismo una ragione d’essere nell’Italia bipolare. 

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Massimo Lodi

In un tale solco si muoverà sul fronte giornalistico oltre che su quello parlamentare. Non esiste conflitto tra i due ruoli. Esiste sinergia, a saperla allertare. Ciò che è nelle corde di Renzi, capace d’un movimentismo tanto premiante quanto rischioso. Ha vinto molto, perso molto. Ha acceso simpatie, mosso antipatie. Sempre con audacia, qualche volta esagerata. Un difetto o una virtù? Più la seconda del primo, come si addice agli anticonformisti che lo siano davvero, disposti a pagare il conto del loro osare. Lo spiegò bene Prezzolini, a sua insaputa un influencer di Renzi allorché disquisiva degli “apoti”, coloro ai quali non la si dà a bere.

Liberale, moderato e garantista, leggero nell’andare controcorrente anche con pesanti carichi polemici: questo ci si aspetta dal Riformista in nuova veste, un giornale fuori dargli schemi consueti, dalle righe tradizionali, dalle prevenzioni ideologiche o di chissà che altra natura. Se sarà così, ne avremo un beneficio generale. C’è bisogno del giacobinismo mite, della radicalità temperata, del renzismo delle origini declinato in una Repubblica 4.0 che ha archiviato le fasi 1 e 2 e sta annaspando nell’arrembante passatismo della 3. Quella a sovranismo limitato/illimitato, nessuno è in grado ancora di capire da quale parte della barra Meloni&partners ci stanno allocando.

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