Scenari di guerra in Israele, e adesso?

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, scrivo queste poche righe a ridosso della guerra “asimmetrica” scatenata da Hamas contro Israele. Furiosi assalti e centinaia di morti e feriti, razzie sanguinose e intere famiglie sequestrate come ostaggi, rapimenti, violenze e distruzioni. Israele aggredita come cinquant’anni fa, il 6 ottobre 1973, quando durante la festa ebraica dell’Espiazione, gli Stati Arabi approfittarono dello Yom Kippur che impone riposo e tranquillità, per scatenare un’aggressione militare. Questa volta non come ieri.

Il nemico ha fatto irruzione cogliendo di sorpresa l’”invincibile” esercito d’Israele, il Tsahal, e la “migliore” intelligence del mondo, il Mossad ed anche lo Shin Bet, i servizi segreti interni. Cinquemila (forse) missili preparati e sparati sul territorio israeliano e l’infiltrazione di un gran numero di terroristi di Hamas hanno portato dolore e morte. Evidentemente un’operazione organizzata da tempo, pianificata nei dettagli, allestita con precisione ed una gigantesca distrazione delle forze di sicurezza dello stato ebraico.

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Ivanoe Pellerin

Certamente ci sarà una reazione e già la proposta del leader dell’opposizione, Yair Lapid, per un governo d’emergenza è stata prontamente accettata dal premier Netanyahu. E la risposta ci sarà. Alcuni fra noi possono ricordare un altro premier israeliano, Golda Meir, che fece inseguire e punire i terroristi che avevano ammazzato gli undici atleti alla Olimpiadi di Monaco di Baviera nel 1972, l’operazione “Collera di Dio”. In un bel libro autobiografico dell’allora premier, pubblicato nel 1975 per i tipi della Arnoldo Mondadori, Golda Meir scrive: “Non occorre una fantasia eccessiva neppure per immaginarsi il destino dello stato di Israele se gli eserciti egiziani fossero riusciti a travolgere le nostre forze di difesa nelle distese del Sinai … il loro vero scopo è il totale annichilimento delle forze di Israele. È nostro dovere non chiudere gli occhi di fronte alla verità, come è nostro dovere renderla evidente a tutti gli uomini di buona volontà.” In una bella intervista con Oriana Fallaci, Golda Meir appare una persona determinata, tanto determinata da aspettare che passi il cadavere del nemico seduta sull’argine del fiume. E già si annuncia la tempesta che si abbatterà sui terroristi. Ovviamente sono convinto che Israele, superiore per cultura, organizzazione e tecnologia, supererà ancora una volta questa crisi sanguinosa. Certo, il prezzo sarà comunque alto.

Perché ora? Già illustri analisti mettono in evidenza l’evidente occasione per frenare l’espansione degli “accordi di Abramo”, realizzati nel 2020 fra Israele, Emirati Arabi, Bahrein e Marocco, paesi che sono andati ad aggiungersi a Giordania ed Egitto, verso l’Arabia Saudita che, dopo aver firmato nel marzo scorso un accordo con l’Iran (il probabile protettore degli attuali attentati), con un’incredibile giravolta si è dimostrata disponibile ad un riavvicinamento con Israele. Quanto più sangue scorrerà fra israeliani e palestinesi, tanto più sarà difficile per i sauditi affrontare argomenti di pace con lo stato ebraico. Altri, come sostenuto dall’ottimo Mario Sechi direttore di Libero, suggeriscono un movimento sullo scacchiere globale dove l’attacco terrorista vuole indebolire l’azione degli Stati Uniti, già provati dallo sforzo a sostegno dell’Ucraina, e minare gli avamposti liberali nel Medio Oriente, poiché Israele rappresenta davvero l’unica presenza democratica in Medio Oriente.

La Casa Bianca ha già dichiarato tutto il suo appoggio al paese aggredito, ha assicurato che sosterrà Gerusalemme in tutti i modi possibili e la Difesa ha dichiarato l’invio di tutto il necessario. Ma l’annuncio è solo per lo stato ebraico? Per l’America, vicina alla campagna presidenziale, un altro fronte di guerra è un affare piuttosto difficile da sostenere a fronte delle difficoltà attuali a puntellare con armi e denaro l’altra guerra in Ucraina. La Cina che si sta armando nell’Indo Pacifico e la Russia che supporta apertamente il governo di Teheran stanno a guardare con malcelata soddisfazione.

Cari amici vicini e lontani, la sensazione che l’Europa sia sempre più costretta a fare i conti con guerre sanguinose ai propri confini o nelle “vicinanze”, è piuttosto evidente. Un’altra vicenda bellica sulle coste del Mediterraneo, dove si incrociano le rotte dell’energia, nel momento nel quale si discute dell’immigrazione dai paesi arabi non può che aggravare il quadro complessivo. Vedremo come reagiranno i mercati di fronte a queste vicende e vedremo come reagiranno i paesi produttori di petrolio. Evocare la crisi petrolifera innescata dalla guerra dello Yom Kippur pare esagerato, tuttavia lo scenario globale è così complesso da impedire qualsiasi prospettiva ragionevole.

Cari amici vicini e lontani, vorrei ricordare che Putin ha provocato il ritorno alle guerre del Novecento ed il nostro presidente Mattarella, l’altro giorno, ha evocato il clima che ha preceduto la Seconda guerra mondiale. Ovviamente il Capo dello stato non poteva conoscere in anticipo il corso degli avvenimenti ed in particolare quello che stava per accadere in Israele, ma non vorrei che queste parole potessero avere, anche solo vagamente, un che di profetico. Occorre che gli uomini di buona volontà (così, come detto da Golda Meir) abbiano lucidità di pensiero, nervi saldi e possano lavorare per la pace.

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