Sommersi dal fango. E dalle chiacchiere della politica

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Ennesima catastrofe, questa volta in Emilia Romagna, nel Paese più fragile del mondo. Fragilità che deriva dal dissesto idrogeologico aggravato dai cambiamenti climatici, ai quali prestiamo la massima disattenzione nonostante quanto è già accaduto e accade in giro per l’Italia. Che cosa dobbiamo commentare, ancora? Potremmo riproporre paro paro articoli del novembre scorso, dopo la frana a Ischia. Stessi contenuti, stessa indignazione, uguale dolore per le vittime, al di là delle cause e delle conseguenze del disastro di allora e della tragica alluvione di questi giorni. Insomma, dovremmo ripetere  concetti che ritornano ad ogni evento – alluvioni, frane, terremoti – scatenato dalla natura e indotto dal disinteresse di tutti noi appena passata la fase emergenziale e emozionale. Ogni volta lì a dire che bisogna, che si deve, che adesso faremo, che è necessario agire e, via con la solita tiritera alla quale non corrispondono mai, o quasi mai, concreti interventi riparatori, non tanto risolutivi ma almeno preventivi.

E’una situazione inaccettabile sotto molti punti di vista, a cominciare dalla mancanza di senso civico rispetto alle necessità collettive e dei singoli cittadini. Un vuoto che non riguarda soltanto l’insipienza della politica, ma un po’ tutti noi, distratti come siamo da quanto di effimero e di inutile ci assedia con i social e i media, e ci impedisce di concentrarci sui problemi veri. Certo, la politica ha colpe ineludibili. Disboscamenti, serrato consumo del suolo, urbanizzazione selvaggia, mancate manutenzioni hanno effetti devastanti in caso di pioggia o, peggio, di nubifragi. Da quanto tempo però si parla a vanvera di una mappa del dissesto idrogeologico? Ora il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, se ne esce bello bello annunciando che entro la metà del prossimo anno sarà varato un provvedimento con interventi mirati, dalla realizzazione di nuove dighe all’eliminazione di sprechi d’acqua. Per dirla in un altro modo, si metterà mano a uno scenario ambientale che non può essere lasciato a sé stesso.

 Ora, e prima? Beh, la Provincia di Varese, caso più unico che raro in Italia, ci aveva pensato già una quindicina d’anni fa con la realizzazione della diga di Gurone che regola le piene del fiume Olona. Presidente a Villa Recalcati era il leghista Marco Reguzzoni. Prima di allora (la digha fu inaugurata nel 2009) il fiume, che ha la sorgente poco più a monte, rappresentava un serio pericolo per le frequenti esondazioni nelle aree che attraversava. Intere zone, soprattutto industriali, subirono ingenti danni nel corso degli anni. Problema poi finalmente risolto. Certo, l’intervento richiese una somma  consistente di denaro ma comunque gestibile dall’ente pubblico. Lo sforzo economico è stato ripagato dai risultati, scontato sottolinearlo. Un esempio commendevole quello della Provincia varesina? Se si vuole, certo che sì. Che la dice lunga su un aspetto: per risolvere le questioni occorre la volontà politica e la determinazione per affrontarle.

Oggi Musumeci afferma che serve un approccio ingegneristico al tema del dissesto idrogeologico. Meno male che ce lo dice lui: non avremmo mai sospettato che senza tecnici e esperti della materia non sarebbe possibile affrontare il colossale, indifferibile nodo della prevenzione e della messa in sicurezza del territorio. Il nodo è un altro: che non siano le solite chiacchiere della politica, quelle che ci sommergono da sempre e, a volte, fanno più male dell’acqua e del fango che hanno messo in ginocchio le città e i paesi dell’Emilia Romagna.

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