“Terre nere” di Rescaldina, «smaltita così la polpetta avvelenata del centrodestra»

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RESCALDINA – Una barriera naturale e una “biostuoia” biodegradabile per contenere i materiali contaminati e un progetto di messa in sicurezza permanente (Misp) di cui sono in corso le procedure per ottenere le autorizzazioni necessarie in collaborazione con Città Metropolitana e Regione Lombardia. Sono gli strumenti adottati dalla giunta di Rescaldina per bonificare le cosiddette “terre nere” nel bosco del Rugareto. E rimediare così a quelli che definisce «misfatti del passato».

L’assessore alle opere pubbliche Adriana Gulizia ha scelto il numero di febbraio del periodico comunale Partecipare per spiegare ai cittadini la strada adottata per affrontare «problemi ambientali che piombano da epoche passate. Parliamo della giunta di centrodestra che governava il paese nel 2005 – ricorda Gulizia – e che aveva deciso l’acquisizione dell’area conosciuta come “terre nere” per realizzare il progetto “amico albero” nel bosco del Rugareto. Sotto le mentite spoglie di un progetto ambientalista, l’allora giunta Raimondi aveva servito una “polpetta avvelenata” ai cittadini, anzi un pezzo di bosco avvelenato, pagandolo mille euro al vecchio proprietario, che da quanto riferitoci, è stato titolare di una ditta di lavorazione dei metalli. Oltre al danno la beffa».

Gulizia: «Indagini e bonifica dell’area contaminata»

L’assessore della giunta Ielo spiega che questa ha affrontato il problema avviando un’indagine sull’area costituita in parte da un rilievo non più alto di 3 metri rispetto al piano campagna «che non trova spiegazione nei normali processi geologici di erosione e deposizione, ma che piuttosto appare di natura antropica come confermato dalle indagini svolte. Nel settembre 2022 si è provveduto quindi ad eseguire il “piano di caratterizzazione” in contraddittorio con Arpa».

I risultati delle analisi di laboratorio, sempre secondo quanto riferito da Adriana Gulizia, hanno riportato un superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) relativo a metalli pesanti e idrocarburi che, se inalati, sono nocivi per la salute. Il Comune ha così elaborato un progetto di bonifica: trattandosi di una zona boschiva, un intervento di rimozione completa del cumulo sarebbe risultato troppo invasivo per la salvaguardia del bosco; inoltre non ci sono rischi per la falda acquifera.

Una barriera naturale a salvaguardia del bosco

I tecnici incaricati dal Comune hanno quindi puntato sulla realizzazione di una barriera naturale che separi i materiali contaminati da potenziali “bersagli”, ovvero le persone che passeggiano nei boschi e i ragazzi che sfruttavano quella collinetta inquinata per fare motocross. Tale barriera sarà costituita da materiali naturali e coerenti con quelli circostanti, posati con piccoli mezzi meccanici e avendo cura di mantenere il più possibile l’integrità del bosco, almeno per le essenze più pregiate. Per individuarle, è stata eseguita una valutazione agronomica-forestale, così da rendere il progetto compatibile con il mantenimento del bosco esistente.

La realizzazione della barriera proposta prevede la posa di terreno coltivo a copertura di tutta la superficie del cumulo, per uno spessore di 20 centimetri, così da evitare il soffocamento delle piante più piccole; inoltre si è optato per l’utilizzo di un tessuto di separazione biodegradabile per non ridurre troppo l’apporto di ossigeno negli strati sottostanti. La biostuoia biodegradabile svolgerà il suo ruolo di separazione fisica per un primo periodo durante cui si produrrà la naturale compattazione del terreno coltivo sopra deposto e la formazione di suolo, per poi degradarsi quando la struttura soprastante svolgerà la funzione principale di separazione. A titolo cautelativo per la salute pubblica, infine, l’area è stata delimitata e interdetta al pubblico accesso.

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