Varese, Busto, Gallarate: ora le chiacchiere stanno a zero

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Con la convocazione in agenda martedì 9 del consiglio comunale di Busto Arsizio si chiude la fase degli insediamenti ufficiali delle nuove assemblee civiche uscite dalle urne del 3 e 4 ottobre scorsi. Anche a domandarsi come mai a Busto si arrivi a un mese abbondante da quelle date (il centrodestra vinse al primo turno) ad avviare la consiliatura serve a poco o nulla, nessuno ce lo spiegherà mai; un simile ritardo rispetto a Gallarate e Varese rientra nelle imperscrutabili logiche dell’Antonelli-pensiero, da cui tutto, sotto il profilo amministrativo, discende. Problema marginale, si dirà. Mica tanto, se sullo sfondo si intravede la continuazione di un modello poco incline alla trasparenza, che ha caratterizzato gli ultimi cinque anni della gestione pubblica a Palazzo Gilardoni. Vedremo se, come ha più volte ripetuto in queste ultime settimane, Emanuele Antonelli ha davvero cambiato registro, dimostrandosi finalmente più disponibile.

Ma non è tanto Busto Arsizio che ci interessa, quanto l’insieme dell’azione amministrativa nelle principali città della nostra provincia. Il capoluogo e i due centri più importanti, appunto Busto Arsizio e Gallarate, partono con il vantaggio di aver visto riconfermati i sindaci del precedente mandato. Cosa tutt’altro che insignificante alla luce delle molte incombenze che aspettano di essere affrontate e risolte. Per dirla in un altro modo, Galimberti, Antonelli e Cassani sanno già dove mettere le mani, cosa privilegiare, dove andare a parare con gli interventi avviati, progettati o soltanto abbozzati. Insomma, non dovrebbero perdere tempo a capire il contesto e a decidere gli indirizzi. D’altra parte, se gli elettori hanno rinnovato loro il mandato c’è da ritenere, quanto meno in via ipotetica, che hanno premiato la loro azione precedente, quella politica del fare che, in senso non soltanto retorico, dovrebbe contrassegnare un sindaco, una giunta, un consiglio comunale.

E di cose da fare ce ne sono talmente tante e dappertutto che si rischia di perdere l’orizzonte. Se n’è parlato a più riprese in campagna elettorale, anche se, in verità, si è tentato di mettere sottotraccia alcune irrinunciabili necessità (vedi ospedale unico tra Gallarate e Busto) che avrebbero generato, come hanno generato e stanno generando, un teso confronto politico e pareri discordanti da parte dell’opinione pubblica. Adesso però il periodo della propaganda è finito. Le urne sono chiuse, non c’è più bisogno di blandire o, peggio, di tenere all’oscuro i cittadini, e tutti nodi vengono al pettine. Insomma, non si scherza più.

C’è un altro paio di aspetti che dovrebbero favorire il percorso amministrativo. Il primo è politico, il secondo tecnico. 1) I sindaci delle tre città possono contare su esecutivi formati in gran parte secondo i loro desiderata. Non vediamo, almeno fino a prova contraria, assessori nelle condizioni o semplicemente capaci di rompere le scatole (eufemismo) al manovratore. E ci pare, del resto, del tutto naturale, almeno al momento. I primi cittadini rieletti possono, vogliono e comandano. Così vale per le forze di maggioranza delle assemblee civiche, al momento prive di motivi per osteggiare coloro che sostengono, cioè i sindaci. Insomma, tutti coperti e allineati. A cominciare dalle segreterie politiche. 2) Nel dramma collettivo della pandemia c’è l’occasione di avere a disposizione un fiume di denaro. L’ormai famoso Pnrr aiuterà, e non poco, i Comuni. I sindaci diranno che sono bravi, anzi, l’hanno già detto, ad ottenere finanziamenti. Il problema è sapere come spenderli bene. In verità, con un minimo di lungimiranza, i soldi ora sono a disposizione in virtù di una situazione che favorisce le pubbliche amministrazioni. Il “debito buono” è alla portata delle singole municipalità. E questo è qualcosa più di un aiutino. E, di nuovo, è un altro motivo per ritenere che, da oggi in poi, le chiacchiere staranno a zero. Anche perché, di chiacchiere, la gente ne ha fin sopra i capelli: l’ha dimostrato disertando in massa le urne. E di sicuro non è un caso.

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