VISTO&RIVISTO Kim, anche Brado va bene

minchella kim brado

di Andrea Minchella

VISTO

BRADO, di Kim Rossi Stuart (Italia 2022, 117 min.).

Inedito. Potente. Ambizioso. Tranne alcuni passaggi troppo retorici e caricaturati (Kim Rossi Stuart carica troppo nel dialetto e nella semiotica soprattutto nella prima parte), “Brado” è certamente una di quelle opere che ti tocca il cuore e cambia inevitabilmente la nostra percezione della vita e di quello che ci circonda. Un film ha la finalità di intrattenere, certo, ma ci sono alcuni autori che hanno la capacità di arricchire l’immaginazione dei propri spettatori grazie a racconti capaci di rappresentare senza scorciatoie linguistiche o stilistiche la vita di un uomo e le sue mille interazioni con il mondo esterno.

Kim Rossi Stuart torna alla regia dopo l’incompreso “Tommaso”, in cui la cinepresa era puntata sulla schizofrenia amorosa del protagonista. Con “Brado” l’autore romano torna, come aveva fatto con il suo meraviglioso primo lavoro “Anche Libero va Bene”, ad esplorare le impervie vie delle relazioni umane che si instaurano in famiglia. Renato, come si chiamava il personaggio del suo primo film da regista, è un uomo duro e pieno di rancore. Vive in una specie di “ranch” che non ha nulla in comune con le grandi e perfette tenute americane. Quel luogo sembra abbandonato e privo di vita, tranne che per i cavalli e altri animali che vivono insieme allo spigoloso Renato. I figli sono grandi e vivono lontano.

La vita di Renato sembra essere in perenne attesa. L’arrivo di un nuovo cavallo, Trevor, e il tentativo fallito di domarlo farà tornare nel ranch il figlio Tommaso che aveva cercato di separarsi da quel luogo, e soprattutto da quell’uomo tanto severo e insensibile. Il ritorno dal padre, però, gli darà la possibilità di rielaborare tutta la sua infanzia, mostrandogli tratti del padre che, forse, non era riuscito a comprendere e a contestualizzare correttamente. Le scelte di Renato, che si era ritrovato solo a dover crescere due figli, si rivelano, oggi, ardite e coraggiose e certamente compiute con l’obbiettivo di preparare i due ragazzi, soprattutto il piccolo Tommaso, alla brutalità del mondo e all’indomabilità di alcune emozioni che ci fanno fare quasi sempre scelte sbagliate e incomprensibili.

Kim Rossi Stuart realizza un ritratto originale che non ammicca alla leggerezza patologica di cui il cinema italiano sembra ormai essere malato da anni. Il Renato della storia è lo stesso Kim Rossi Stuart che non si piega alla banalità del mondo, ma che combatte con ogni sforzo per ottenere una narrazione vera e onesta sulla tragicità della vita umana, sulla solitudine e sulla morte. Il regista romano decide di mettere in scena una delle sequenze più strazianti che il cinema abbia mai prodotto. Ma la grandezza assoluta ed unica risiede nella dolcezza che si riesce a percepire durante tutta l’interminabile agonia del protagonista.

Il linguaggio e lo stile della pellicola sono all’altezza della storia. La sceneggiatura è perfettamente dosata e riesce a fissare il flusso narrativo che non perde mai il ritmo. Le musiche di Andrea Guerra avvolgono completamente le inquadrature fluide e armoniose. I personaggi, oltre a Renato e Tommaso, sembrano appartenere al mondo a cui Kim Rossi Stuart attinge quando decide di raccontare una storia. La stessa Barbara Bobulova, ad esempio, interpreta la moglie di Renato, come accadeva per “Anche Libero va Bene”. E come nel primo film anche in “Brado” Stefania (ha lo stesso nome!) ad un certo punto della vita decide di allontanarsi dalla famiglia. Dunque l’immaginario di Rossi Stuart sembra appartenere ad un unico universo che vive nella mente del regista romano e, probabilmente, alleggerisce la sua visione del mondo e di chi lo abita. Questo “western” dell’anima e delle emozioni diventa una sorta di manifesto definitivo di chi non si vuole piegare alla banalità e all’aridità sempre più rimarcata del mondo.

Forse Kim Rossi Stuart poteva fare un passo indietro e lasciare interpretare Renato a qualcun altro che potesse dare una cifra retorica meno sottolineata. Ma certamente la sequenza dell’ospedale poteva essere interpretata solo da un corpo forte e lacerato come è quello del regista romano.
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RIVISTO

ANCHE LIBERO VA BENE, di Kim Rossi Stuart (Italia- Slovacchia 2005, 108 min.).

Esordio straordinario alla regia per una personalità complessa e poetica come è quella di Kim Rossi Stuart. Non autobiografico, ma certamente con le radici inserite in molte esperienze private dell’autore romano.

“Anche Libero va Bene” racconta in maniera vera e schietta le dinamiche spesso incomprensibili che si verificano all’interno della famiglia. Renato si ritrova solo con i suo due figli piccoli. Le sue fragilità e le sue certezze diventano ben presto la sua forza e la sua debolezza in un viaggio difficile che tra le mille sfumature del dolore, del rimpianto e dell’amore incondizionato. Da rivedere.

minchella kim brado – MALPENSA24