VISTO&RIVISTO Una pioggia di cavoli ci salverà. Forse

minchella brian charles

di Andrea Minchella

VISTO

BRIAN E CHARLES, di Jim Archer (Brian and Charles, Regno Unito- Stati Uniti 2022, 90 min.).

Una fiaba moderna. E antica. Un racconto poetico e assurdo che ci fa ridere, ci commuove e ci pone davanti l’ancestrale problema della solitudine dell’uomo, e non solo. Se tutte le fatiche, infatti, che l’essere umano compie, da quando è comparso sulla terra, sono spese per diminuire il più possibile il senso di solitudine che ci accompagna per tutta l’esistenza, il Brian del film è uno dei tanti romantici della storia del cinema che fa di tutto per colmare quel senso di vuoto che, fin dopo l’atto della nascita, si insinua dentro di noi senza abbandonarci mai. Ma “Brian e Charles” è anche un’interessante riflessione sul diverso, sulla disabilità e sulla difficoltà di alcuni di vivere in questo mondo, sempre più violento, insensibile e incapace di ascoltare, ma comunque costantemente pronto a giudicare. Jim Archer realizza un racconto leggero e divertente ma carico di emozioni che sono in grado di risvegliare il “bambino” che vive in ognuno di noi.

Brian è un uomo di mezza età che vive in un paese sperduto dell’Inghilterra fredda e grigia del nord. Passa le giornate tra invenzioni inutili e inefficaci, ed una vita sociale ridotta all’osso. Spesso tra i rifiuti e l’immondizia individua gli oggetti che lo stimolano ad inventare nuove apparecchiature. Un giorno trova una testa di manichino che lo spinge a costruire un robot. Grazie anche all’uso di una vecchia lavatrice, che diventa il tronco superiore del corpo, Brian completa l’automa, vestendolo con vecchi e giganti vestiti degni di un maturo pensionato inglese. Alla prova dell’accensione, il robot, ovviamente, non dà segni di vita. Ma una sera quando Brian rientra a casa da una delle sue inconcludenti ed inutili gite notturne, trova il manichino meccanico funzionante, intento a mangiare cavoli nel garage di Brian che, sconvolto per i primi cinque minuti, si abitua subito all’idea della nuova compagnia. Come fosse un nuovo nato, il robot riceve da Brian un nome. Charles Petrescu, così l’automa decide di chiamarsi, sembra affezionarsi subito alla vita e alla persona di Brian. Tra i due si crea subito un legame forte e “antico” come se i due si conoscessero da una vita.

Il racconto prosegue tra l’innamoramento primordiale e genuino di Brian nei confronti dell’altrettanto strana e pacata Hazel, l’eterna lotta con i vicini di casa “brutti e cattivi”, e la surreale relazione di amicizia che diventa sempre più fitta e morbosa. Ma il tono, volutamente deciso dal regista, rimane sempre leggero e scanzonato. La sceneggiatura riporta sempre il racconto su di un binario di puro intrattenimento. L’avventura dei due personaggi, con l’aggiunta di Hazel nella seconda parte della vicenda, rimane sempre un passo indietro rispetto ad una profondità più strutturata che farebbe riflettere in maniera troppo seria sulla difficoltà di alcune categorie, come gli anziani affetti da Alzheimer, i ragazzi autistici o affetti da sindrome di down, e tutte quelle persone caratterizzate da fragilità fisiche o mentali, a vivere nella società contemporanea che tende sempre più ad escludere le diversità più che ad includerle.

“Brian e Charles” rimane comunque una preziosa fotografia sul rapporto che si instaura tra persone sensibili e più fragili rispetto ad altre. Il magnetismo che si crea tra certe esistenze diventa più forte di qualsiasi altro rapporto. Lo scambio che avviene tra il buffo Brian e il puntiglioso Charles diventa l’architrave originale e solida di tutta la storia. Archer usa i “topos” della fiaba per raccontarci una vicenda piccola e potente di amicizia e di amore. Solo l’empatia, la sensibilità ed una pioggia di cavoli, usati come dei proiettili, potranno salvare questa umanità diventata ormai troppo sorda, insensibile e autoreferenziale.

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RIVISTO

LEI, di Spike Jonze (Her, Stati Uniti 2013, 126 min.).

Spike Jonze scrive e realizza una delle storie d’amore più potenti e contraddittorie della storia del cinema. Joaquin Phoenix si innamora perdutamente di una voce, potente e sensuale, che è in grado di stravolgergli completamente la vita. La voce di Scarlett Johansson, nella versione originale, si insinua nella mente dello spettatore scatenando emozioni nuove e potenti. La solitudine del protagonista diventa epica della solitudine dell’uomo. L’amore che Theodore prova per Samantha è l’amore universale che l’uomo prova per se stesso. Quasi sempre.

Un capolavoro da rivedere per avere un punto di vista originale sul progresso tecnologico e sul suo impatto devastante sull’uomo.

minchella brian charles – MALPENSA24