A Malpensa la sicurezza vola basso. Anzi, di più

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Il blitz dei quattro anarchici antagonisti sulle piste di Malpensa, nel fallimentare tentativo di impedire il rimpatrio in Marocco di un loro compagno, riapre il tema della sicurezza nell’aeroporto della brughiera. Discorso mai affrontato con l’obiettivo vero di risolverlo perché, secondo gli esperti della  materia, praticamente è irrisolvibile. Questione sinora lasciata nel limbo istituzionale con la speranza che “il Padreterno ce la mandi buona”. In effetti, sinora, il buon Dio ha allungato la sua mano protettrice, evitando che lo scalo fosse preda di terroristi o di altra risma di malintenzionati. Ma questo non toglie che il problema sicurezza non sia un’urgenza alla quale prestare la massima attenzione. E, coi tempi che corrono (vedi Mosca), c’è poco da stare allegri.

Una ventina d’anni fa, Striscia la notizia (che ha poi replicato gli stessi servizi di denuncia in altri scali nel corso degli anni) e un quotidiano milanese organizzarono finte incursioni nelle zone cosiddette sterili dell’aeroporto per dimostrare che nulla, al suo interno, era inviolabile. Secondo un’inchiesta giudiziaria della magistratura di Busto Arsizio, conseguente agli scoop giornalistici, gli inviati del quotidiano in questione ebbero la complicità di un dipendente della Sea, che facilitò loro la strada. Comunque sia, fu provato che si poteva arriva sottobordo senza incontrare troppi ostacoli. E oggi, cos’è cambiato? Dopo l’11 settembre i controlli sui passeggeri si sono giustamente fatti più accurati: non si può portare in cabina le forbicine taglia unghie, i contenitori di deodoranti e schiume da barba fuori norma, ma se si volesse, come per gli anarchici di cui sopra, si riesce ad entrare in pista. Mah.

Il Siulp, il maggiore sindacato di Polizia, denuncia la carenza degli organici e, nel contempo, il faticoso impegno professionale a cui sono costretti gli agenti: troppo pochi per garantire un accettabile livello di sicurezza. Anche alla luce delle tante incombenze a cui sono chiamati a fare fronte, dal controllo dei passaporti alle procedure burocratiche per tutto ciò che comporta il passaggio di milioni di passeggeri in un anno. Per dirla in un altro modo, fanno quello che possono. Che lo scenario complessivo sia di precarietà, lo si sa da sempre e, anche qui, le soluzioni non sono mai arrivate. Così ci si affida allo stellone italico, appunto nella speranza che non debba mai succedere nulla di eclatante o, peggio, di drammatico.

Del resto, presidiare l’intero perimetro dello scalo, oltre ai due terminal, è davvero impossibile. A meno che si chieda l’ampia collaborazione dell’esercito, e anche in quel caso la struttura aeroportuale avrebbe spazi di vulnerabilità. Certo è che, sapere come un manipolo di balordi abbia potuto saltare tutti i filtri, non è notizia rasserenante. E nemmeno serve a mitigare le preoccupazioni conoscere che essi hanno sbagliato aeroporto: sono entrati in azione a Malpensa quando il loro “amico” era in partenza da Bologna. Un errore da “oggi le comiche” se non fosse che sullo sfondo faccia capolino un problema ben più complesso. E, a conti fatti, molto preoccupante per l’incolumità collettiva.

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