Arcigay Varese e 6000sardine: «Stop alla pubblicità contro la pillola abortiva»

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VARESE – «Invitiamo voi e le vostre amministrazioni a prendere urgente provvedimento contro la comparsa di decine di automezzi “vela” recanti una pubblicità contro l’utilizzo della pillola abortiva RU-486, pubblicati dalla Onlus “Pro Vita & Famiglia”». Questa la richiesta di 6000sardine Varese, 6000sardine Legnano e Arcigay Varese rivolta direttamente ai sindaci di Gallarate, Andrea Cassani, di Busto Arsizio, Emanuele Antonelli, e di Legnano, Lorenzo Radice. In una lettera aperta, i tre gruppi prendono posizione contro la campagna pubblicitaria che recentemente ha fatto discutere in grandi città come Roma, Milano e Verona, dove sono state sollevate forti polemiche di fronte alle immagini di una donna incinta morta per aver (presumibilmente) mangiato una mela avvelenata, ovvero la RU486, con un chiaro riferimento al fatto che la pillola abortiva sia un rischio per la salute della madre e del figlio in grembo. Ora, anche in provincia di Varese c’è chi si schiera contro la campagna pubblicitaria.

Un affronto a diritti e libertà delle donne

«Vi chiediamo pubblicamente di intervenire – si legge nella lettera – non solo affinché questi camion abbiano il divieto di sostare sul territorio dei Comuni che siete chiamati ad amministrare, ma anche affinché ci sia una chiara presa di posizione che vieti eventuali altre affissioni». Un modo per contrastare quello che per i tre gruppi è «un affronto ai diritti e un attacco alla libertà fondamentali delle donne di poter scegliere sul proprio corpo, così come stabilito dalla legge 194/78. Il diritto all’autodeterminazione della donna viene da queste affissioni ignorato sortendo un effetto senso di colpa, per di più facendosi scudo della retorica di essere “dalla parte delle donne”».

Un messaggio «falso e ingannevole»

Il messaggio veicolato dalla campagna pubblicitaria è «da considerarsi falso ed ingannevole – aggiungono – in quanto privo del supporto di qualsiasi evidenza scientifica». E citano la Rete per l’Autodeterminazione, che raccoglie una serie di realtà associative femministe: «L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nella pubblicazione “Safe abortion: technical and policy guidance for health systems” indica il mifepristone come una delle procedure raccomandate per effettuare un’Ivg nelle prime 9 settimane di gestazione. Il mifepristone è utilizzato da oltre vent’anni in numerosi Paesi, l’assunzione di RU-486 per l’interruzione di gravidanza non può essere in alcun modo considerata assunzione di veleno. Il manifesto crea pertanto una visione distorta della realtà nelle donne e potrebbe potrebbe indurle in errore e scoraggiare l’utilizzo del farmaco, nonostante le evidenze scientifiche».

L’esempio di Milano

I tre gruppi si rivolgono ai sindaci dei tre Comuni in questione e prendono come esempio proprio la città di Milano, che «ha già provveduto in tal senso con il suo assessore», chiedendo di «farvi portavoce di chi ne più bisogno». E concludono: «Questa campagna stampa è un attacco al mondo femminile, ancora più grave e meschino in questo momento storico, in cui molte donne sono state ampiamente svantaggiate e colpite in maniera sproporzionata dalle conseguenze sociali della pandemia da Covid-19».

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