Migranti, Save the Children: 17.800 morti nel Mediterraneo dal 2013

bruno migranti mediterraneo

Dati agghiaccianti. Sono oltre 17.800, di cui quasi mille solo nel 2021, gli uomini, le donne e i bambini morti o dispersi nel Mediterraneo centrale dal 2013 secondo le Nazioni Unite. Lo sottolinea l’associazione solidaristica Save the Children affermando che quel “Mai più” giurato davanti alle bare allineate delle 368 persone che persero la vita in prossimità di Lampedusa il 3 ottobre del 2013, è rimasto solo una dichiarazione di intenti. L’ultimo naufragio nei pressi dell’isola, il 30 giugno di quest’anno, ha causato la morte di 7 donne e una decina di dispersi.

Nell’ottavo anniversario del naufragio del 3 ottobre,  l’organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini, torna a sottolineare l’esigenza e l’urgenza di un impegno diretto degli Stati membri e dell’Unione Europea per la creazione di un sistema strutturato, coordinato ed efficace di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, tra le rotte più letali al mondo, per l’attivazione di canali d’ingresso sicuri all’Unione Europea e per un sistema di accoglienza e protezione adeguato per i più vulnerabili, tra cui i minori soli.

I migranti, compresi i bambini, continuano ad annegare nel Mediterraneo. Nonostante molte persone rischino la vita per raggiungere l’Ue, non esistono meccanismi coordinati per la ricerca, il salvataggio e lo sbarco delle persone. Se possibile, la situazione è resa ancora più complessa dall’intervento della guardia costiera libica, nei confronti della quale ci sono evidenze di violazioni di diritti umani fondamentali commesse durante il coordinamento delle azioni di salvataggio. Salvare vite umane dovrebbe essere sempre la preoccupazione principale di qualsiasi operazione nel Mediterraneo. Gli Stati hanno l’obbligo di cooperare e coordinarsi per soccorrere le persone in difficoltà, agendo nel rispetto dei principi del diritto internazionale. Gli sforzi di ricerca e salvataggio da parte degli Stati e dell’UE devono essere intensificati ed è necessario garantire che le navi nel Mar Mediterraneo, anche qualora siano navi mercantili o di organizzazioni non governative, non incontrino alcun ostacolo quando soccorrono e sbarcano le persone in difficoltà”, ha dichiarato alla stampa Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Lampedusa continua ad essere uno dei principali punti di arrivo e uno dei luoghi di prima accoglienza. E’ al centro delle operazioni di soccorso e salvataggio nel Mediterraneo Centrale. Dall’inizio dell’anno sono arrivati via mare più di 6.600 minori soli, la maggior parte dei quali approdati sull’isola. Ma non c’è solo l’ingresso via mare. L’accresciuto controllo delle frontiere ha portato alla creazione di colli di bottiglia in prossimità dei confini dei Paesi balcanici, con migliaia di minori e adulti, tra cui diversi afghani, che cercano disperatamente di attraversarli, andando incontro “a respingimenti – viene sottolineato – violenti e illegali”.

La situazione dei minori, soprattutto di quelli che viaggiano alle frontiere sud e nord senza figure adulte di riferimento, è stata al centro dell’impegno di Save The Children nel laboratorio previsto nell’ambito del progetto “Siamo sulla stessa barca”, organizzato a Lampedusa dal Comitato 3 ottobre, nei giorni scorsi, rivolto alle studentesse e agli studenti italiani ed europei, in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, nell’ottavo anniversario del naufragio.

L’iniziativa, insignita della Medaglia della Presidenza della Repubblica italiana, ha riguardato eventi che hanno visto coinvolte 60 scuole e 350 studenti accompagnati da 93 docenti di 20 Paesi europei. Ci si è occupati del rapporto “Nascosti in piena vista. Minori migranti in viaggio (attra)verso l’Europa”, realizzato alla frontiera nord del Paese per denunciare “l’inerzia dell’Europa che resta a guardare le violenze senza garantire adeguata protezione e accoglienza a chi ha meno di 18 anni”, a cura del giornalista Daniele Biella, e sulle attività svolte a Lampedusa, in partnership con Unicef, per assicurare sostegno e protezione ai minori migranti che arrivano sull’isola.

Save the Children è presente nell’isola, quest’anno in collaborazione appunto con Unicef, nell’ambito di un progetto congiunto di tutela dei diritti alle frontiere sud e nord, per dare una risposta immediata ai bisogni essenziali di bambini e adolescenti, delle loro famiglie e delle donne sole in arrivo e in transito, attraverso un primo soccorso psicologico, informazioni sui loro diritti, nonché sui servizi e sulle opportunità disponibili, una valutazione tempestiva delle potenziali vulnerabilità e problemi di protezione specifici, tra cui quelli connessi alla violenza di genere. Da gennaio ad agosto il team operativo ha incontrato e supportato con informativa legale specifica, un primo soccorso psicologico e mediazione culturale circa 2.750 minori stranieri non accompagnati (di cui 85 ragazze), 370 nuclei familiari e individuato almeno 50 casi vulnerabili. I Paesi di provenienza prevalenti sono stati Tunisia, Marocco, Costa d’Avorio, Mali, Guinea, Senegal, Nigeria, Bangladesh, Egitto e Siria.

“Come ricordato dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ciò che sta accadendo ai migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale è il risultato del fallimento del sistema di governance dei flussi migratori, che non mette al centro i diritti umani dei migranti e per troppo tempo è stato caratterizzato dall’assenza di solidarietà. Si è rinunciato progressivamente alle operazioni di ricerca e soccorso privilegiando la protezione dei confini e arrivando a scoraggiare l’impegno per il salvataggio in mare. I minori – in particolare quelli che viaggiano senza adulti di riferimento – sono tra i soggetti più vulnerabili in questi contesti e vanno protetti. Qualsiasi altra considerazione di politica migratoria non può che venire dopo: i minorenni sono prima di tutto bambine, bambini e adolescenti e i loro diritti devono essere rispettati in ogni momento, dalle fasi del salvataggio a tutto ciò che avviene dopo lo sbarco”, ha concluso Raffaela Milano.

Dati agghiaccianti. Risposte insufficienti. E’ in gioco il senso di dirsi umani.

bruno migranti mediterraneo – MALPENSA24

Angela Bruno