Giustizia, confronto Travaglio-Zurlo: «30 anni di riforme hanno fatto un casino»

BUSTO ARSIZIO – Indipendenza e autonomia della magistratura vanno salvaguardate. Questo è forse il solo punto sul quale i due ospiti del confronto sulla giustizia promosso a Busto Arsizio dall’Associazione Nazionale Magistrati hanno concordato. Anche se con qualche distinguo: per Stefano Zurlo, giudiziarista de Il Giornale va comunque individuato un ambito entro il quale muoversi.

Aula Magna sold out

Sul fronte opposto Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano. Moderatore e organizzatore del dialogo sulle Prospettive della giustizia che ieri sera, martedì 27 marzo, ha visto l’aula magna del Tribunale di Busto gremita, il sostituto procuratore di Busto Massimo De Filippo, presidente dell’ANM di Busto Arsizio. Presenti tanti addetti ai lavori, tante forze dell’ordine, ma anche parecchi cittadini. E quest’ultimo fatto centra l’obiettivo dell’iniziativa: ovvero confrontarsi con le persone su cosa significa sistema giudiziario in Italia, sul ruolo dei magistrati, abbandonando i tecnicismi.

Magistratura politicizzata?

A dare il benvenuto Rossella Ferrazzi, giudice del dibattimento a Busto e segretario dell’ANM di Busto. L’introduzione è stata affidata ai padroni di casa. Il presidente del Tribunale Miro Santangelo: «Vedere quest’aula pina ci conforta e rassicura perché è forte l’esigenza della magistratura di farsi capire, di confrontarsi con i cittadini sulle problematiche e sul sistema che ci governa. La magistratura deve scendere dal piedistallo, se un piedistallo esiste, e cercare il confronto con i cittadini. Il momento è tragico, la magistratura chiede solo di avere gli strumenti per operare al meglio, non c’è volontà di ostacolare il Governo». Per contro Carlo Nocerino, procuratore capo di Busto, spiega: «La stima verso noi magistrati sta raggiungendo dei livelli bassissimi. E’ tutta colpa dei media? E’ vero che ci sono giornali che lavorano per demolirci, ma è tutta colpa dei media? No, allora siamo stati forse un po’ troppo politicizzati? Forse qualche colpa ce l’abbiamo anche noi. Non abbiamo fatto politica, ma abbiamo qualche responsabilità».

Indagini e politica

Il dibattito è entrato nel vivo. Per Travaglio se i magistrati non avessero fatto alcune indagini, non avessero emesso alcune sentenze nei confronti di potenti che possiedono giornali e televisioni e si fossero occupati di Nicaragua – come accennato dal procuratore Nocerino – nessuno avrebbe detto loro nulla.

Inchieste “clava”?

Per Zurlo, al contrario quelle stesse indagini, furono utilizzate per influenzare la politica. E ancora: il metodo aziendalista applicato alla giustizia. Per travaglio è un controsenso: i magistrati devono “produrre” processi complessi. E per arrivare a questi processi complessi spesso occorrono decine di procedimenti secondari. Zurlo sottolinea che ci sono, però, storture e ritardi inaccettabili.

Affossano volutamente il sistema

E si arriva al tema delle riforme, le ultime due sono targate Cartabia e Nordio. «In Italia passa il concetto che la giustizia non funziona perché non si fanno le riforme – spiega Travaglio- In realtà in Italia la giustizia non funziona proprio perché si fanno le riforme. Riforme che allungano i tempi dei processi invece di accorciarli, riforme misurate affinché non si possano arrestare i colletti bianchi, non si possano indagare i potenti. Riforme, e Nordio ne è perfettamente consapevole, che affosseranno definitivamente il sistema giudiziario italiano. A loro andrebbero fatti i test psicoattitudinali».

Riforme a pezzi e caos

Sul fronte opposto Zurlo: che partendo dalla depenalizzazione dell’abuso d’ufficio sottolinea come ci siamo troppe regole, in conflitto tra loro. «Si parla di processo all’americana, alla Perry Mason, ma in Italia è impossibile perchè da 40 anni chi arriva e dice “riformiamo la giustizia” semplicemente aggiunge un pezzo al sistema complicandolo sempre di più. Creando un dedalo di norme e cavilli entro il quale è impossibile muoversi. Sui colletti bianchi dico solo che ne sono stati arrestati anche in tempi molto recenti». Ma sul punto “confusione”, sul fatto che da 30-40 anni chiunque arrivi al Governo parla di riforma della giustizia limitandosi ad aggiungere un pezzo a quello che è già esistente entrambi i giornalisti concordano: «Non è una riforma: è un casino».

La legge bavaglio

E ancora l’emendamento Costa, la famosa legge bavaglio, che impedisce ai giornalisti di pubblicare, anche per estratto, i contenuti delle ordinanze sino all’udienza preliminare, consentendo solo di “parafrasare” ciò che è scritto nelle carte. Per Travaglio è un ulteriore metodo di pressione che espone i giornalisti al rischio di decine di querele (spesso temerarie) e impedisce al cittadino di avere un’informazione corretta: «E questo, credo, sia lo scopo ultimo. Non far sapere ai cittadini la verità». Per Zurlo alcuni giornali hanno invece utilizzato in modo strumentale alcune intercettazioni, non inerenti l’inchiesta, per danneggiare la reputazione, magari di un potente, poi uscito assolto dopo anni dal procedimento. E, purtroppo, sono vere entrambe le posizioni. Ma a questo punto perché non limitarsi a sanzionare il giornalista invece di silenziare? E a chi spetta il diritto di stabilire cosa sia di pubblico interesse? Ai giornalisti, ai procuratori o alla politica?

Perché i test solo ai magistrati?

Infine i due macrotemi di cui da sempre si discute. Il primo di stretta attualità: il test psicoattitudinale al quale dovrà essere sottoposto chi intende entrare in magistratura. Contrario Travaglio che lo considera ulteriore strumento per limitare l’autonomia della magistratura, favorevole Zurlo che cita casi di bizzarrie celebri commesse da giudici. Ed è qui che dai primi banchi dell’aula si alza chiarissima la voce della dottoressa Ferrazzi che si rivolge alla firma de Il Giornale: «Perchè solo alla nostra categoria?». Chi amministra la giustizia dispone della vita dei cittadini, serve equilibrio. Ma anche un medico, persino un pilota d’aereo, ha nelle sue mani, nel suo lavoro, la vita della gente. E allora perché i test psicoattitudinali vanno fatti solo agli aspiranti magistrati? «Parliamo di numeri – prosegue Ferrazzi – Quanti sono i casi da lei citati: 10, 20? Siamo 8mila in Italia. E’ una percentuale rilevante? Senza contare che tutti i casi da lei citati, nessuno escluso, sono stati sanzionati disciplinarmente».

Separazione carriere sì o no?

Infine la separazione delle carriere. Zurlo e Travaglio sono d’accordo: è una bandiera che la politica sventola da anni. Per Zurlo, proprio in quanto bandiera, non si realizzerà mai. Tavaglio, invece, non vede l’ora «che questo si realizzi affinché la politica capisca il casino che succederà. Perché se trasformi il Pm nell’avvocato della polizia o lo assoggetti al potere esecutivo, svuotandolo di fatto della sua funzione, oppure, come accaduto in Portogallo, questo si trasformerà in una belva sanguinaria creando un effetto boomerang. Io mi auguro che la separazione delle carriere non venga mai realizzata, così come per la composizione del Csm auspico zero presenza di politici, zero presenza laici, 100% magistrati estratti a sorti in modo da eliminare anche il problema delle correnti».

Un percorso che continua

E quello di ieri sera è solo il primo degli incontri promossi dall’ANM. Lo scopo è quello di tracciare un percorso di confronto con i cittadini, perché a loro tutto questo è rivolto, per spiegare i meccanismi del sistema giudiziario e affrontare con loro problematiche e dubbi. Tanto che ieri, fuori dall’aula Falcone e Borsellino, è stata posta una box con fogli e penne sui quali ciascun presente avrebbe potuto scrivere domande e considerazioni e poi imbucarne: «Risponderemo a tutti. Anzi sarà organizzato un incontro a novembre dove analizzare i quesiti e le riflessioni dei cittadini pubblicamente». In aula, ma per dibattere, si torna il 23 maggio alle 21 per affrontare il tema: “Come funziona il processo penale?”

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