Porfido: «Covid e nuovo ospedale le grandi sfide. Al nuovo Dg lascio nastri da tagliare»

Da sinistra i due Dg: Passaretta e Porfido

BUSTO ARSIZIO – Riavvolgiamo il nastro: 18 dicembre 2018. «Non capita tutti i giorni di costruire un nuovo ospedale. Anzi a volte non capita proprio nella vita professionale. Per questo credo che per me, la direzione dell’Asst Valle Olona, rappresenti una sfida complessa e affascinante». Queste furono le prime parole da Dg dell’Asst Valle Olona. Il Covid no, non era stato “calcolato” nel contratto di mandato. Però è capitato. Oggi, esattamente cinque anni dopo Eugenio Porfido si prepara (sono gli ultimi giorni a Busto) a chiudere il mandato da direttore generale a Busto. Insieme a lui lascerà l’azienda sanitaria anche Marco Passaretta, direttore amministrativo dell’Asst Valle Olona, che prenderà le redini dell’Asst Bergamo Est.

Con Porfido abbiamo tracciato un bilancio di questi cinque anni.

E’ arrivato con il preciso obiettivo di avviare in maniera decisiva l’iter dell’ospedale di Busto e Gallarate e si ritrovato a gestire il Covid. Se poi ci aggiungiamo la carenza di personale, la riorganizzazione con la chiusura e l’accorpamento di alcuni reparti, possiamo dire che non si è fatto mancare nulla direttore Porfido, non crede?
«Fa parte del lavoro. E poi prendo spunto da quel che mi disse un mio direttore: “Non esiste un mandato da Dg tranquillo perché è nostro compito risolvere i problemi”. Insomma ho smesso da tempo di sperare in cinque anni di direzione tranquilla».

Battute a parte, torniamo al Covid. Esperienza importante, ma che ha lasciato un segno. A proposito, possiamo dire di “essere fuori”?
«Possiamo stare abbastanza sereni direi. Quel periodo tremendo ha lasciato tanti segni. Alcuni tragici, altri invece li possiamo considerare insegnamenti. Sono tante le cose che si potrebbero dire. Una per tutte che mi ha stupito: abbiamo lavorato come mai avremmo pensato di fare e ognuno ha sempre fatto il suo “pezzettino” sapendo bene cosa doveva fare. Ecco quella sensazione di remare tutti nella medesima direzione è ancora oggi un’emozione forte che sento».

Il momento più difficile?
«Il Covid ha messo alla prova l’intera filiera sanitaria. Sia sotto il profilo manageriale organizzativo, sia per l’aspetto sanitario. Ha avuto un impatto devastante, ai miei colleghi nel resto d’Italia dicevo che per credere quello che stava accadendo qui avrebbero dovuto venir di persona a vederlo. La Lombardia è stata il Piave e i nostri ospedali la trincea. E c’è stato un momento durante la seconda ondata che siamo arrivati a un punto in cui ho pensato: “Ora veniamo travolti”. C’era la protezione civile già in allerta per preparare altri posti letto. Eravamo al limite, ma abbiamo superato anche quel momento».

Dal Covid all’ospedale unico: non un momento per tirare il respiro. Anche se c’è chi dice che sul presidio Busto-Gallarate si è perso del tempo prezioso. E’ così?
«Che il Covid abbia ritardato l’iter è un fatto e non un’opinione. Come è un dato di fatto che il governatore, con i suoi più stretti collaboratori, ci ha messo grande impegno per portare avanti questo progetto. Io avrei voluto avviare la fase progettuale, ma siamo arrivati alla sottoscrizione dell’accordo di programma. Un punto importante direi».

Il crocevia. Con una certezza, ovvero ora non si torna più indietro. E un dubbio: da qui in avanti si procederà di filata?
«Da qui alla posa della prima pietra non bisogna commettere l’errore di fare le cose di fretta. Regione ha già stanziato i fondi per la progettazione, il mio successore darà l’incarico ad Area, la quale altro non è che la stazione appaltante dell’intera operazione. A quel punto parte la prima fase di progettazione, poi ci sarà la verifica dell’Azienda, poi il definitivo e l’assegnazione dei lavori. Per esperienza dico che metterci un po’ più di attenzione in queste fasi per approfondire non significa perdere tempo, ma recuperarlo quando si andrà ad aprire il cantiere. Con tutte le fasi progettuali concluse ci si mette tra anni a finire e posare l’ultima pietra».

Insomma si va per le lunghe. Di questo passo direttore non c’è il rischio di vedere nascere un ospedale già vecchio?
«Noi abbiamo inserito elementi di grande innovazione: dalla flessibilità della struttura alla multifunzionalità, dall’apertura al territorio al tema della facilità di riconversione in caso di emergenza. Con il Covid abbiamo “rivoluzionato” più volte una struttura evidentemente superata e che non aveva queste caratteristiche. Con il nuovo non saremo costretti a fare di necessità virtù».

Eppure, lei l’ha sempre detto, il nuovo ospedale lo si costruisce prima ancora di iniziare a progettare il nuovo. Quindi la fine del cantiere coinciderà con la fine dei problemi, giusto?
«La Valle Olona ha sempre vissuto sul doppio ospedale Busto Gallarate. L’evoluzione della Sanità ci ha detto che quel modello non è più sostenibile. Il Covid l’ha anche dimostrato. E ci ha anche costretto a lavorare in forte sinergia e ha messo a lavorare insieme medici provenienti da strutture differenti e con metodi differenti cercando di uniformare il modus operandi. Ecco è lì che ha iniziato a prendere forma il nuovo ospedale. Ma non solo».

Ovvero?
«Una volta posata l’ultima pietra c’è la delicata fase del trasferimento. Nel nuovo ospedale non bisogna portare solo macchinari e strumentazione, ma anche pazienti critici. Un’operazione che richiede pianificazione, il coinvolgimento di forze dell’ordine e “controllo” della viabilità nelle fasi concrete del trasferimento».

Il nuovo ospedale avrà nuova strumentazione, ambienti moderni per i pazienti, ma di questo passo non avrà personale. La carenza, dovuta anche alla fuga, di medici e personale sanitario è un problema che grava sull’attuale organizzazione, ma potrebbe penalizzare anche la struttura unica. C’è soluzione?
«Nell’immediato siamo in sofferenza. Ma la soluzione è proprio il nuovo ospedale. Avere una struttura moderna, innovativa e con punti di eccellenza che porteremo anche nell’ospedale unico è un incentivo non un deterrente. Un esempio? I concorsi all’ospedale di Legnano non vanno deserti».

Un ultima domanda, cosa lascia al suo successore?
«Tanti nastri da tagliare. In questi anni dominati da Covid e iter dell’ospedale nuovo abbiamo anche aperto tanti cantieri che andranno a conclusione».

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