Riforma Giustizia: la protesta parte dalle toghe di Busto. Lettera all’Anm condivisa in tutta Italia

BUSTO ARSIZIO – Alta tensione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario il cui testo, dopo la presentazione degli emendamenti, passerà al voto della Camera. Tensione che sta montando di giorno in giorno dando vita a quella che l’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha definito “la nostra rivoluzione orizzontale“.

La rivoluzione dei singoli

Una rivoluzione che parte dai singoli e dai centri più piccoli (anche se non meno importanti) e che mira ad evitare “a una deriva verticistica“, spingendo le toghe “verso un efficientismo aziendalistico“. Questo due affermazioni sono contenute nella lettera aperta che le toghe di Busto Arsizio hanno rivolto all’Associazione Nazionale Magistrati per una magistratura unita e che, di ora in ora, tantissimi “centri giudiziari” viene ripresa e condivisa. Da Nola il primo rilancio.

I 6 punti di massima criticità

Sono sei i punti i della proposta legislativa che per i magistrati bustocchi presentano le massime criticità.

Il primo: il diritto di tribuna ai laici e il diritto di voto dell’avvocatura in sede di Consiglio Giudiziario sulla valutazione del magistrato. Il valutatore deve essere e apparire imparziale.

Secondo punto: l’erosione dell’autogoverno della Magistratura con l’introduzione di soggetti esterni, inquadrati in altri ordinamenti professionali (portatori di interessi di categoria) – e questo accadrebbe anche in seno al Csm.

Terzo punto: la gerarchizzazione del potere giudiziario con valutazione di un provvedimento da parametrarsi sulla sua tenuta. Eppure il procedimento penale e il processo civile sono strutturalmente soggetti ad alea, proprio perché non è possibile stabilire con certezza a priori il risultato. Ogni giudizio deve postulare una indispensabile e autonoma valutazione.

Quarto punto: pagelle sulla capacità organizzativa del magistrato. La riforma prevede che per ciascun magistrato sia espresso un giudizio (discreto, buono o ottimo) con riferimento alla sua capacità di organizzare il lavoro. La norma è stata concepita per la selezione dei direttivi e dei semi-direttivi, tuttavia non sono specificati i criteri di obiettivazione del giudizio.

Quinto punto: Obbligo di rispettare i programmi annuali di gestione dei procedimenti pendenti. Viene istituito un parametro aziendalistico di valutazione del lavoro del magistrato e del capo dell’ufficio basato sulla percentuale di smaltimento dei procedimenti (taylorismo giudiziario). In questo modo la riforma andrebbe a ‘scaricare’ sul magistrato le inefficienze strutturali. Infatti individua nella percentuale di smaltimento dei procedimenti il criterio di base per la valutazione del magistrato (e del capo dell’ufficio) senza tuttavia prevedere lo stanziamento di risorse da destinare all’ampliamento delle piante organiche e abrogando il riferimento relativo ai carichi di lavoro esigibili.

Sesto punto: la disciplina dei fuori ruolo. La nuova disciplina avrebbe l’effetto (piuttosto evidente) di escludere i magistrati dai ruoli tecnici ministeriali, che invece verrebbero ricoperti da altre categorie professionali. Questo comporterebbe un impoverimento del patrimonio conoscitivo di cui invece dovrebbe essere dotato l’esecutivo. In particolare, la questione diventa quindi di cruciale importanza per il Ministero della Giustizia. Magistratura e Ministero sarebbero destinati all’incomunicabilità e, in definitiva,
all’equivoco e alla contrapposizione

“Nessuna categoria professionale subisce passivamente una riforma così radicale senza una
interlocuzione e un attivo coinvolgimento; la Magistratura non è una semplice categoria
professionale, ma rappresenta un potere dello Stato. Il riformatore sta operando unilateralmente, con
interventi sistemici – a Costituzione invariata -, approfittando del nostro momento di debolezza,
dovuto soprattutto alle divisioni intestine. Su questi punti essenziali possiamo e dobbiamo ritrovare l’unità per esprimere insieme la nostra riprovazione“, si legge in chiusura della lettera che, come detto, nel giro di poche ore è stata condivisa dai centri giudiziari di tutta Italia da Nord a Sud. Dopo l’assemblea distrettuale Anm di Milano, tre giorni fa, oggi si riunisce Napoli e domani Roma. È la precondizione perché si possa chiedere l’assemblea generale, in via straordinaria, dell’Anm.

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