CAVARIA CON PREMEZZO – «Avere ora un legame ufficiale, oltre che sentimentale e familiare, accresce il mio senso di appartenenza a un luogo dove sono sempre tornato, che considero e chiamo tutt’ora “casa”». Così monsignor Gabriele Caccia, già nunzio apostolico in Libano e ora nelle Filippine, ha dichiarato dopo essere diventato cittadino onorario di Cavaria. È avvenuto, nella mattina di oggi, sabato 12 gennaio, nella sala consiliare del municipio in piazza Pertini. Alla cerimonia, presentata da Daniela Rabolli, assessore alla Cultura, erano presenti il sindaco Alberto Tovaglieri e l’intero consiglio comunale, sindaci dei Comuni limitrofi come Emilio Aliverti di Jerago e Stefania Maffioli di Oggiona, don Sergio Zambenetti, prevosto di Luino, e don Claudio Lunardi, parroco di Cavaria, vertici delle forze dell’ordine, rappresentanti delle associazioni, nonché familiari, amici e coscritti del prelato.
Ul fiö del sindac
Come ha dichiarato Tovaglieri, la massima onorificenza di Cavaria va a «tutti quei cittadini di ieri e di oggi che hanno dimostrato un attaccamento al paese, lo hanno portato nel cuore e lo dimostrano con il loro comportamento. Esprime il desiderio di rendere omaggio a quanti di loro, in campi diversi, si sono distinti sia a livello nazionale che internazionale. È la dimostrazione che si può essere grandi, pur essendo nati in una realtà semplice come la nostra». Monsignor Caccia, «nunzio apostolico mandato per il mondo a portare pace e dialogo tra i popoli», è il secondo ad avere ricevuto il riconoscimento dopo il colonnello Mario Mettifogo. Al religioso, è stata inoltre consegnata da Pistoletti la tessera onoraria della Pro Loco.
Monsignor Caccia, dopo aver ricordato la sorpresa nell’apprendere che avrebbe ricevuto l’onorificenza, ha espresso la sua gratitudine e spiegato quale significato abbia per lui:«Innanzitutto riconoscere e rinsaldare le radici. Sono nato a Milano, ma la mia famiglia si è poi stabilita a Cavaria. Qui ho frequentato le elementari prima di entrare, a quattordici anni, in seminario a Seveso. È un legame che si è consolidato negli anni, e oggi diventa un dono e un impegno».
Il pensiero è poi andato al padre: «Da piccolo ero conosciuto come “il Caccino” e “ul fiö del sindac”. Questa cerimonia sarebbe stata molto apprezzata da mio papà, ne sarebbe stato fiero. Lo vedo anche come un riconoscimento a quello che ha fatto. Tra le sue opere ricordo soprattutto la costruzione della passerella, che ha ricongiunto il paese già diviso dalla ferrovia e poi dall’autostrada. Sento una specie di continuità, mi ha insegnato a costruire ponti e a elevarmi al di sopra dei problemi, per poter superare i particolarismi nella ricerca del bene comune».
Ha quindi invitato a costruire una società più giusta e fraterna: «Com’è bello quando le istituzioni civili ed ecclesiali lavorano insieme, entrambe al servizio di un unico soggetto: la persona umana in tutte le sue dimensioni, materiali e spirituali». L’ultimo ringraziamento, prima del bagno di folla per le foto, è stato per la sua maestra delle elementari, presente in sala: «Un angelo che ha portato tutti a essere più bravi, ad apprezzare lo studio e la dedizione a fare il bene».
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