Cassano, l’avvocato di Saporiti: «Va assolta. Fu costretta a pagare»

CASSANO MAGNAGO – «Altro che processo. La mia assistita è una vittima». E’ fumantino il commento dell’avvocato Cristina Marrapodi che assiste l’ex assessore cassanese Paola Saporiti al termine della discussione davanti ai giudici della Sesta sezione penale del tribunale di Milano presieduta dal giudice Paolo Guidi.

Da imputata a vittima

Una discussione che ha visto oggi, lunedì 22 maggio, il legale chiedere la piena assoluzione per la propria assistita, rimasta coinvolta quattro anni fa nella maxi inchiesta giudiziaria Mensa dei poveri. Di fatto lo aveva già fatto la procura nel corso dell’ultima udienza: Saporiti va assolta perché il fatto non sussiste, aveva detto il Pm Stefano Civardi.

Le pressioni politiche

Il fatto è una mazzetta che l’ex assessore ha versato a Nino Caianiello, l’ex plenipotenziario di Forza Italia arrestato nel maggio 2019 in seno all’inchiesta Mensa dei poveri di cui ora si sta celebrando il dibattimento. Una stecca da 500 euro: la foto della donna, sguardo basso, a un tavolino dell’Hausgarden, il bar di Gallarate diventato il quartier generale di Caianiello e ribattezzato come l’ambulatorio, che consegnava i soldi al mullah aveva fatto il giro d’Italia.

Va riabilitata

L’andamento del processo oggi riabilita Saporiti in toto. La donna infatti per mesi rifiutò, nonostante le pressioni politiche (da parte di Antonio Frascella, per il quale è stata chiesta l’assoluzione, e dell’ex assessore Salvatore Maida, non indagato) di pagare il “dovuto” che sarebbe andato a costituire la decima, ovvero una parte dello “stipendio” del disoccupato Caianiello.

In stato di bisogno

«La mia assistita non ha mai fatto parte della galassia politica di Caianiello – ha spiegato Marrapodi – E’ il momento di riabilitarla. Fu costretta a pagare. Le venne spiegato che la sorella commercialista, con lo studio in un momento di difficoltà, non si sarebbe vista rinnovare l’incarico come sindaco in Alfa, partecipata che si occupa della gestione della rete idrica provinciale. Un lavoro del quale la sorella aveva bisogno, tanto più che il marito è malato di una grave malattia degenerativa. La sorella si vide affidare l’incarico ma non per il pagamento: fu valutato il suo curriculum dai membri di una commissione».
Oltretutto il marito di Saporiti, che lavora nella municipalizzata Sieco, iniziò a ricevere lettere di richiamo: una minaccia di licenziamento. «Sono andati ad agire su chi sapevano essere in stato di bisogno – ha concluso Marrapodi – Per questo anche se, e non è così, ci fosse stato un accordo, sarebbe stato nullo. Altro che processo, ribadisco, la mia assistita è una vittima».

Tempi lunghi: terzo rinvio per Orrigoni

Oggi sarebbe anche dovuto essere il giorno delle difese di Paolo Orrigoni, ex patron Tigros per il quale l’accusa ha chiesto un condanna a sei anni, e di Tigros in quanto società per la quale l’accusa ha chiesto una sanzione da 240mila euro e il divieto di avere rapporti con la pubblica amministrazione per 4 anni. E questo è forse il danno più grave dal punto di vista imprenditoriale.

E lunedì tocca anche a Comi

A ritardare il cronoprogramma il fiume in piena della difesa dell’ex onorevole Diego Sozzani (si tratta del filone piemontese dell’inchiesta) a processo per corruzione, che ha tenuto banco per due ore in più del previsto ribadendo che l’onorevole non aveva bisogno di chiedere soldi a nessuno per la propria campagna elettorale e quindi è da assolvere. Tutto rinviato dunque alle 9 di lunedì prossimo dove, nel pomeriggio, dovrebbero parlare anche le difese dell’europarlamentare Lara Comi. Per lei l’accusa ha chiesto una condanna a 5 anni e 6 mesi.

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