“Col protocollo Cazzaniga i pazienti in fin di vita erano accompagnati alla morte”

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SARONNO –  “Il fine del protocollo Cazzaniga? Era accompagnare alla morte. Parliamo di pazienti già compromessi per i quali non ci sarebbe stata alcuna diversa evoluzione rispetto al loro quadro clinico”. Lo ha detto oggi, 10 settembre, in udienza a Busto Arsizio, dove è ripreso il processo all’ex vice primario del pronto soccorso di Saronno, il medico, Michela Monza, in forza nello stesso ospedale dal 2004 al 2017. L’inchiesta in questione è ovviamente Angeli e Demoni che vede appunto coinvolto in prima persona l’ex vice primario Leonardo Cazzaniga, che sta rispondendo di omicidio volontario di Massimo Guerra, Luciano Guerra, Maria Rita Clerici, in ambito familiare, e di 11 pazienti in corsia. I medici, anche ieri, hanno avuto parole positive nei confronti dell’ex collega. Un atteggiamento diametralmente opposto, e ormai chiaro, rispetto ai pareri espressi in aula dagli infermieri con i quali c’erano, viceversa, rapporti molto più conflittuali.

Cazzaniga era il leader del pronto soccorso

Anche se poi qualche eccezione non mancava, come nel caso dell’infermiera Alessia Molteni: “Avevamo un buon rapporto lavorativo – ha sottolineato la donna davanti al giudice Renata Peragallo – lui è sempre stato un carattere molto forte. Pretendeva che il lavoro fosse fatto bene e nei tempi congrui. Con alcuni infermieri non andava d’accordo: a volte li chiamava minus o travestiti”. Ma in pronto soccorso i pazienti, secondo la ricostruzione fatta in tribunale dall’infermiera, la pensavano diversamente rispetto a chi lo contestava: “I pazienti lo adoravano – ha aggiunto l’infermiera – per loro si spendeva tantissimo. Era un medico di grandissima esperienza e in pronto soccorso era il leader indiscusso”.

 Il pesto con l’antidepressivo

“Ho assistito – ha spiegato la testimone – a una telefonata intercorsa tra Giancarlo Favia (uno dei medici finiti a processo) e la Taroni. Le ripeteva al cellulare urlando: cosa hai fatto? Cosa hai fatto?”. Il riferimento era ai ricoveri del marito della Taroni, Massimo Guerra, poi deceduto. “A Nicola Scoppetta (altro medico a processo) – ha ricordato la teste – avevamo raccontato che c’era qualcosa di strano, ma lui mi disse di farmi i fatti miei visto che a breve me ne sarei andata”. “Parlando con gli altri, come se nulla fosse – ha proseguito – la Taroni diceva che faceva il pesto con i betabloccanti. Sentii dire che usava un antidepressivo per spegnere gli ardori del marito, Massimo Guerra”.

Cazzaniga Ospedale Saronno – MALPENSA24