Cazzaniga spiega e si autoassolve: “Ho evitato atroci sofferenze ai pazienti”

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Leonardo Cazzaniga

BUSTO ARSIZIO – Ha citato Bertrand Russell mostrando la propria dimensione più umana. Ha ribadito la propria innocenza, facendo tuttavia “mea culpa” rispetto agli atteggiamenti di superiorità tenuti a Saronno verso il personale ospedaliero. E’ il contenuto della lettera di Leonardo Cazzaniga, l’ex vice primario del pronto soccorso di Saronno, accusato di 15 omicidi volontari per i quali la Procura ha chiesto la condanna all’ergastolo, letta da lui stesso durante l’udienza in tribunale a Busto Arsizio, lunedì pomeriggio 9 dicembre.

“Come Bertrand Russel anche nel mio caso tre passioni semplici, ma irresistibili, hanno governato la mia vita: la sete d’amore, la ricerca della conoscenza e una struggente compassione per le sofferenze dell’umanità. Questo è l’uomo che oggi vi parla e che voi oggi siete chiamati a giudicare. Durante questi ormai tre anni di processo più e più volte sono stato dipinto come uomo e come medico arrogante e pieno di sé, uso a maltrattare e offendere chi mi stava a fianco e con me collaborava al pronto soccorso di Saronno”.

“Non mi interessava apparire simpatico”

Cazzaniga ha difeso la propria professionalità: “Non posso e non voglio in alcun modo negare le caratteristiche personologiche ascrittemi in ambiente lavorativo, ma rivendico con orgoglio l’impegno e la dedizione profusa durante tutta la mia carriera professionale. La mia priorità, dettata dal giuramento svolto ormai tanti anni fa, non è mai stata essere simpatico ai miei colleghi o amato da chi lavorava al mio fianco, ma fornire ai miei pazienti la massima attenzione e il più elevato standard di cura possibile. Sono assolutamente consapevole che questa mia pretesa mi ha reso inviso, e me ne faccio vanto, sgradevole agli occhi della maggior parte dei miei colleghi. Ho però coltivato l’ambizione di essere un medico e non un mero professionista in camice bianco, impegnandomi a instaurare un rapporto umano con i pazienti che si affidavano alle mie cure in pronto soccorso”.

“Ammetto gli errori comportamentali”

Poi l’assunzione di responsabilità: “Ammetto che è stato un errore marcare questa distanza tra me e chi non la pensava come me. Forse è stato un errore erigere un muro di sgradevolezza tra me e chi non la pensava come me, forse è stato un errore salire sul piedistallo del mio ego isolandomi da chi non reputavo alla mia altezza, ma ciò mi ha consentito di essere un medico. L’odio e il disprezzo raccolto anche in quest’aula svanisce dinanzi alle molte attestazioni di stima che mi sono giunte da parte di alcuni colleghi medici e di alcuni amici infermieri e soprattutto dei molti pazienti curati in questi anni e dei loro cari che mi hanno descritto come un medico attento ed empatico”.

Il protocollo Cazzaniga

Infine sul famoso protocollo: “Ho inteso sintetizzare un approccio ispirato a principi eminentemente di natura etico-morale volti a impedire ai morenti di percepire la vicinanza della fine, nella convinzione che una morte serena altro non sia che la declinazione finale di una buona vita. In queste situazioni è stato mio precipuo intendimento liberare i miei pazienti dal dolore e dalla sofferenza agonica che li opprimeva. Non ho mai inteso somministrare farmaci volti a cagionare la morte dei miei pazienti. Proprio per questo motivo non ho mai fatto alcun mistero dell’intenzione di applicare il mio protocollo a quei pazienti prossimi alla morte e in condizione di profonda sofferenza per i quali qualsiasi trattamento clinico avrebbe costituito accanimento terapeutico. Non mi riconosco nell’immagine di uno spietato assassino che mi è stata cucita addosso. Il mio scopo è stato sempre quello di evitare le atroci sofferenze dell’agonia, lenendo o abolendo la percezione dei sintomi che si presentano nel momento del trapasso dalla vita alla morte. Sono completamente estraneo rispetto agli omicidi dei familiari di Laura Taroni”.

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