Chiuso con successo il ciclo 2022 degli Alzheimer Cafè del Legnanese

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LEGNANO – Si sono conclusi nel passato finesettimana i cicli 2022 degli Alzheimer Cafè di Villa Cortese, Cerro Maggiore/San Vittore Olona e Legnano con due iniziative dedicate ai pazienti e ai loro famigliari che hanno partecipato agli Alzheimer Cafè e aperte alla cittadinanza. Sabato scorso, 21 gennaio, a Villa Cortese (nella foto in alto) si è tenuto nella sala civica del Comune un concerto della Junior Wind Orchestra composta da ragazzi, giovani dei Corpi musicali di Villa Cortese e di Garbagnate Milanese; domenica 22 nell’auditorium di Cerro Maggiore lo spettacolo teatrale della compagnia i Catanaji “La veggia età”, divertente e spiritosa commedia dialettale che tratta con leggerezza il tema dell’Alzheimer (sotto).

Tre punti di riferimento attivi sul territorio

Nel Legnanese sono attivi tre Alzheimer Cafè: il primo nato nel 2010 a Legnano e gestito dall’associazione “A…. per non dimenticare”, il secondo nato nel 2014 a Villa Cortese gestito dalla Croce Azzurra Ticinia Odv e il terzo nato a marzo del 2022 a Cerro Maggiore/San Vittore Olona e gestito dall’associazione Il Quadrifoglio con la collaborazione dell’associazione Alice.

Gli Alzheimer Cafè sono gestiti da volontari, professionisti (geriatri, psicologi, infermiere, fisioterapisti, assistenti sociali), esperti di arte terapia, musica terapia e con la collaborazione dei rispettivi Comuni. Le attività vengono sostenute con un finanziamento del Piano di Zona dell’Alto Milanese; quelle per il 2023 inizieranno da metà marzo.

Perotta: «Il segreto è portare benessere»

«Questa realtà organizzata dal basso – spiega Daniele Perotta, direttore del Centro Alzheimer di Passirana di Rho – ha dato molti frutti anche se non vi è alcuno scopo di lucro, vi è una scarsa ricaduta sul consenso eventualmente spendibile alle elezioni, è richiesto un impegno soprattutto nel finesettimana e c’è la necessità dei pazienti e dei relativi familiari di uscire allo scoperto, di mettersi in gioco di fronte ad un evento ancora oggi in parte stigmatizzante causato da una malattia inguaribile, progressiva e apparentemente senza speranza. Il perché è semplice: questa esperienza porta benessere, realizzazione e inclusione a chi ne usufruisce ma anche a chi la offre.

«L’uomo è in essenza un animale da relazione e quando perde la capacità di esprimersi e socializzare perde una delle fonti maggiori di felicità e benessere. Quando, però, la causa di questa perdita è una trasformazione complessa dell’individuo provocata da una malattia che colpisce la sua “psyche” e le sue capacità cognitive, non basta la buona volontà ma è necessario calarsi, attraverso un percorso umano e culturale, in questa dimensione per poter essere d’aiuto e arrivare al fine. Così volontari ed esperti si confrontano, studiano, approfondiscono, si formano per dare risposte qualificate che possano definire un percorso che soddisfi i bisogni complessi delle persone affette da demenza e dei loro familiari, garantendo almeno in parte la possibilità di benessere sociale in precedenza perso. Una volta raggiunto lo scopo i risultati sono evidenti.

«La scelta di vivere e godere di questa esperienza – sottolinea Perotta – è del malato: è lui che si mette in gioco in prima persona, che esce dal suo guscio (la sua naturale e protettiva tendenza al ritiro sociale, all’abulia e all’apatia), che si riappropria della sua vitale dimensione sociale caratteristica dell’uomo, della sua felicità e della sua indipendenza in tutta la lunga vita adulta post-adolescenziale».

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