Considerazioni minime sul concorso esterno mafioso

novik concorso esterno

di Adet Toni Novik*

“Me lo spieghi come se avessi 6 anni!” diceva Denzel Washington nel film Philadelphia. Non è semplice quando si tratta di concetti giuridici, ma ci provo. Si fa un gran parlare di concorso esterno. Ognuno dice la sua. Ma cosa si sa esattamente di questa figura giuridica che taluno ha definito un “ircocervo” (animale fantastico, misto di capro e cervo), mentre il Ministro Nordio dapprima ha parlato di un ossimoro: “Perché o si è dentro o si sta fuori e concorrere dal latino vuole dire stare dentro”, e poi, citando Churchill, che il concorso è “un enigma dentro un indovinello avvolto in un mistero”? L’argomento è trasversalmente divisivo: Gianni Alemanno, noto esponente del partito che ha eletto Nordio in merito alla intenzione di abolizione espressa dal ministro ha detto: “Nordio parla a ruota libera…. È stata una cazzata”; ma si presta ad altra riflessione perché, storicamente, quando Nordio presiedeva nel 2005 la Commissione per la riforma del codice penale, all’art. 47 del progetto era previsto che le norme sul concorso -e quindi anche il concorso dell’esterno- si applicassero anche ai reati associativi (tutti possono cambiare idea, ma almeno bisogna spiegare il perché del cambiamento).

Parto dai concetti basici, cercando di rimanere nell’essenziale. Le norme penali punitive per la maggior parte prevedono condotte singole. Furto: chi sottrae la cosa altrui è punito; omicidio: chi cagiona la morte di un uomo è punito. Quando il reato a condotta singola è commesso da più persone, per esigenze di “risparmio e semplicità”, invece di prevedere accanto ad ogni norma la corrispondente condotta plurima, è prevista una norma generale, l’articolo 110, che estende la punibilità a tutti coloro che eventualmente sono concorsi nel reato di furto o omicidio (concorso eventuale). Ma, il codice prevede anche reati in cui è necessaria la presenza di più persone (concorso necessario), come la corruzione in cui ci sono un corrotto e un corruttore, e l’associazione per delinquere, semplice o mafiosa, per dar luogo alla quale è indispensabile la presenza di tre o più persone, distinte in capi (promotori, organizzatori e dirigenti) e semplici partecipi, uniti dalla intima volontà di cooperare per commettere più reati. L’associazione per delinquere ha una sua autonomia ed è punita per il solo fatto di esistere, anche se non commette reati. Se li commette, la pena per i reati si aggiunge a quella per l’associazione.

Il problema che si presenta è se sia possibile il concorso eventuale (cioè, il concorso esterno) in un reato a concorso necessario. Se sia, cioè, possibile configurare che un soggetto estraneo all’associazione criminale consapevolmente aiuti o agevoli tutta l’associazione -non il singolo associato per il quale ci sono norme specifiche-, senza assumere il ruolo di partecipe.

Nella sentenza Contrada del 14/4/2015 -nel settore penale le sentenze vengono indicate con il nome dell’imputato, o nel caso di più imputati con il primo di essi-, la Corte dei Diritti dell’Uomo scrisse che il concorso esterno costituisce “un reato di origine giurisprudenziale” (punto 66). Contro questa affermazione, da più parti, anche esperte, si levò un coro di critiche del tipo: “La Corte non sa quello che dice”. Critiche mosse evidentemente senza aver letto la sentenza perché la Cedu non esprimeva un proprio giudizio, ma si limitava a riportare la posizione delle parti in causa: Contrada e lo Stato italiano: (“La Corte fa notare che non è oggetto di contestazione tra le parti il fatto che il concorso esterno in associazione di tipo mafioso costituisca un reato di origine giurisprudenziale.”).

La giurisprudenza delle sezioni semplici si è divisa: a fronte di decisioni che negavano il concorso esterno, la maggioranza delle sentenze si era espressa in senso favorevole. Come è normale nei casi più impegnativi, i molteplici riflessi della questione hanno occupato più volte le Sezioni unite della Corte di Cassazione, chiamate a dirimere i contrasti tra le sezioni semplici. Si tratta delle sentenze Demitry + Masi n. 16 del 5 ottobre 1994, Mannino, n. 30 del 27 settembre 1995, Carnevale, n. 22327 del 30 ottobre 2002 e Mannino, n. 33748 del 17 luglio 2005.

novik concorso esterno
Adet Toni Novik

È la giurisprudenza delle Sezioni Unite che ha delineato la struttura portante di questo reato. In un primo momento, con la sentenza Demitry, il ruolo di concorrente esterno fu ricondotto all’ipotesi in cui un soggetto, esterno all’associazione, fosse chiamato a fornire il suo ausilio per fare fronte ad una situazione eccezionale di “fibrillazione” dell’associazione, cioè ad una situazione in cui la stessa sopravvivenza del sodalizio e la possibilità del perseguimento dei suoi scopi fossero gravemente compromesse e versassero in serio pericolo. Si fa l’esempio di chi elimina fisicamente un pericoloso concorrente che può minare la vita dell’associazione, oppure per colmare vuoti temporanei, o anche per l’aggiustamento di un processo nel momento in cui l’associazione attraversa una fase patologica. Ma l’interpretazione proposta era troppo riduttiva e lasciava aperti ampi spazi. Così, le Sezioni unite, con la sentenza Carnevale, tornarono sul tema, chiarendo stavolta che l’ambito di applicazione della fattispecie concorsuale non deve essere circoscritto ai casi di apporto esterno inteso al “mantenimento” del sodalizio, per consentire il superamento di momentanee difficoltà (o stati di “fibrillazione”) di questo, ma ricomprende anche le ipotesi di contributo volto al “rafforzamento” del sodalizio. Si fa il caso del politico che, con la sua sola presenza, senza essere inserito nell’associazione, ne rafforza il prestigio e la forza all’esterno. Questa interpretazione è quella attualmente accolta.

Chiariti i concetti basici, la prima domanda concerne la ragione per cui nasce la tematica del concorso esterno nel reato associativo. Sostanzialmente, è una ragione pratica. Tutte le altre norme che possono riguardare questo fenomeno (art. 378 – 417) non hanno una efficacia repressiva adeguata. La pena è bassa e i reati si prescrivono. Contestare il concorso esterno mafioso, imprime uno stigma a soggetti che sono stati definiti “mafiosi in guanti gialli”, e consente di applicare una pena molto alta, cui poi è connessa, quando la sentenza è definitiva, l’applicazione del carcere duro. Si pensi ai medici che curano un affiliato (il caso di Alfonso Tumbarello e Messina Denaro), ai contabili e bancari che amministrano soldi e rendiconti, ai politici collusi, ai professionisti in genere che forniscono un servizio o agli imprenditori che hanno rapporti d’affari. Il limite dell’istituto è la sua vaghezza che in determinati contesti può portare a processi basati su teoremi e suggestioni. Alle condanne del senatore Antonio D’Alì e dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino si contrappongono le assoluzioni con formula piena dal reato di concorso esterno in associazione mafiosa di tutti gli imputati “Eccellenti “che hanno dato il loro nome alle sentenze della Sezioni unite, già richiamate: l’avvocato Demitry, il giudice Vito Masi, il Presidente della Corte di cassazione Corrado Carnevale, il deputato e Ministro Calogero Mannino (a cui per dare la misura va aggiunta la sentenza Andreotti Sez. 2, Sentenza n. 49691 del 15/10/2004).

Fatalmente, le domande da porsi sono se oggi non abbia ragione il Ministro Nordio a volere la modifica del concorso esterno e, a seguire, perché ci sia stata una levata di scudi contraria. Il che ci porta a esaminare quando nasce questa tematica. Scrive Alessandro Trocino sul Corriere: “I magistrati hanno «inventato» questo reato (suggerito nella monumentale ordinanza del maxi processo dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino)”. Non è proprio così. Falcone e Borsellino hanno applicato all’associazione mafiosa un istituto che già era stato affermato, anche se riferito all’ipotesi del reato di banda armata previsto dall’articolo 305 del codice penale, dalla sentenza della I sez. del 27/11/1968 n. 1659, Muther, e aveva poi trovato ampio sviluppo nei processi di terrorismo, come strumento tecnico per prosciugare lo stagno in cui nuotavano i terroristi.

Pur tuttavia, anche se gli interventi legislativi successivi agli omicidi di Falcone e Borsellino (sono state introdotte nuove figure giuridiche, come lo scambio politico-mafioso, l’intestazione fittizia di beni o l’autoriciclaggio) hanno fatto perdere al concorso esterno la drammaticità che aveva in origine (così in un intervento a Radio Radicale del 2019 i magistrati Pignatone e Prestipino), il dato di fatto è che attualmente il concorso esterno è associato ai nomi di Falcone e Borsellino, e costituisce la bandiera della lotta alla mafia: come tutte le bandiere, non può essere ammainata senza produrre contrasti e battaglie ideologiche che il Paese non è in grado di sopportare. Occorre prenderne atto e considerare che le sentenze della Cassazione hanno ormai indicato la strada per distinguere ciò che è reato da ciò che è solo riprovevole eticamente. Spetta ai giudici di merito fare corretta applicazione dei princìpi di diritto, individuando, senza indulgere in spettacolarismi, il nucleo minimo che fa trasmodare un comportamento socialmente non corretto in illecito penale.

*già magistrato della Corte di Cassazione

novik concorso esterno – MALPENSA24