Crisi di governo, Candiani (Lega): «Col voto niente cavallette, ma un governo stabile»

ROMA – «Ora deve tornare la politica. Con un governo stabile ed eletto dagli italiani». Il senatore della Lega Stefano Candiani è stato inaspettatamente protagonista della giornata che ha segnato la crisi del governo Draghi e la fine della legislatura: chiamato in extremis dal leader Matteo Salvini a sostituirlo nell’intervento nell’aula di Palazzo Madama con cui la Lega ha annunciato che non avrebbe votato la fiducia all’esecutivo di unità nazionale. «La responsabilità di questa crisi? Da ascrivere ai 5 Stelle e all’impuntamento del PD. E spiace che Draghi si sia messo nelle mani del PD» afferma Candiani.

Vi aspettavate che finisse così?
«Tutto nasce dal degrado dei rapporti tra 5 Stelle e 5 Stelle. La deflagrazione l’ha innescata Di Maio con la scissione, che ha tolto dal Movimento tutti i favorevoli al governo lasciando solo quelli critici. Che hanno iniziato a fibrillare. Questa fibrillazione l’abbiamo subita e a quel punto con la risoluzione abbiamo detto a Draghi: rifai il governo, vai avanti, senza i 5 Stelle, perché sono inaffidabili. Chiuderla dicendo che avevamo scherzato e riprendere tutto come se niente fosse, voleva dire essere ancora qui tra un mese con le fibrillazioni, tra la decomposizione dei 5 Stelle e i calcoli politici del PD per mettere sotto pressione il centrodestra. Ma Draghi in maniera abbastanza inattesa ha scelto la strada indicata dal PD, ovvero la risoluzione Casini, che diceva di andare avanti come prima. E noi abbiamo detto di no».

Questa scelta à stata una responsabilità di Draghi o del PD?
«È stata la pressione dei Dem, e io in aula gliel’ho detto: “ci spiace che si sia messo nelle mani del PD”. Del resto il capo di gabinetto di Draghi, Funiciello, è organico al PD. Il premier ha sposato in tutto e per tutto la tesi del PD, che puntava a costituire il campo largo con i 5 Stelle, ma “malmenati”, perché sarebbero rientrati in maggioranza un po’ ammaccati. Però da un lato Conte non ha mollato e noi dall’altra parte abbiamo ribadito quella che è stata la nostra linea sin dal primo giorno di questa crisi: riprendiamo, ma senza i 5 Stelle».

E adesso?
«Aspettiamo che il presidente della Repubblica ci dica quando si andrà al voto. Ragionevolmente sarà il 25 settembre, prima della sessione di bilancio, e quindi con un nuovo Parlamento che esprimerà una maggioranza che sarà in grado di dare continuità agli impegni. Anche quelli che descrivono la venuta delle cavallette, della peste, del colera e dei meteoriti, sono gli stessi che dicevano queste cose ai tempi della riforma Costituzionale di Renzi, se non fosse passata. Non mi sembra sia avvenuto. Nella realtà dei fatti è un passaggio molto veloce, si andrà ad elezioni, continueranno le riforme, il PNRR andrà avanti. Sono percorsi innestati che non subiscono l’andirivieni della politica. C’è una drammatizzazione dei contenuti che prescinde dalla realtà».

Forza Italia però si sta sgretolando, è un problema per il centrodestra?
«Sono trent’anni che ad ogni tornata elettorale la sinistra per deviare l’attenzione parla dei problemi del centrodestra. Fino a prova contraria siamo sempre andati assieme e anche in questa circostanza ci siamo mossi assieme. Che ci sia qualche dissenziente in Forza Italia ci sta, è un partito liberale che ha sempre avuto posizioni differenti al suo interno. Noi siamo molto più compatti».

Eppure la Lega era descritta come divisa tra un’anima governista giorgettiana e una salviniana più radicale?
«Sono narrazioni che lasciamo a certi giornalisti che cercano di inventarsi le notizie. Io ieri ho ringraziato i Ministri della Lega che si sono messi a disposizione al governo e che con altrettanta serietà non hanno avuto esitazione a togliersi da quelle poltrone, mentre altri erano inchiodati. In questo momento l’Italia ha bisogno di stabilità. E la si ottiene con un governo eletto, e stabile. Quello di Draghi è nato su una spinta emergenziale: noi abbiamo fatto la nostra parte, altri come Di Maio e Conte si sono messi a litigare, e altri ancora invece di pensare all’economia si sono messi a parlare di cannabis e di immigrazione. La differenza è questa: noi tiriamo dritto, andremo al governo e daremo le risposte che servono».

Ma come gestirete la competizione interna al centrodestra con Fratelli d’Italia, che parte in vantaggio nei sondaggi?
«Ognuno fa la sua parte, noi abbiamo deciso di farla stando in una maggioranza e dando delle risposte, loro hanno preferito farla stando in opposizione criticando le azioni del governo. Alla fine del percorso ci si riunisce e ci si confronterà sulle cose da fare nel futuro, non su quelle fatte in passato».

Quindi farete un governo di centrodestra dopo le elezioni?
«Come abbiamo sempre fatto. Si vincono le elezioni con i numeri e con un programma da attuare. Non servono alchimie con formule strane, serve la concretezza. Quella dei problemi reali che ho richiamato in aula al Senato».

Come quando ha tirato le orecchie a Draghi per le sue parole sui tassisti?
«Chi fa politica deve prendersi la responsabilità di ascoltare anche chi dissente. E adesso il ritorno alla politica è necessario».

La politica però è nel mirino. Basta leggere i titoli dei giornali di oggi…
«L’immagine di degrado di oggi è quella di una tavola imbandita a fine cena, con gli scarti e lo squallore. Ma questo è un Parlamento che ha avuto 400 cambi di casacca, Di Maio che diceva che chi cambia casacca deve dimettersi e fa l’opposto, Renzi che fa cadere il governo Conte e promuove un altro governo per fargli le scarpe: questo non è lo standard, sono gli avanzi da spazzare via».

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