GALLARATE – Erano più di 200 i malati cronici in cura all’ospedale di Gallarate che lo scorso 11 dicembre si diedero appuntamento davanti al Sant’Antonio Abate per protestare contro il ridimensionamento o addirittura l’azzeramento di molti servizi all’interno del nosocomio cittadino. Ora è il momento delle proposte per Associazione Parkinson sezione di Cassano Magnago, Aisla, Associazione Alzheimer, Aacssm e Avuls, ovvero le principali associazioni del territorio che danno voce a chi vive condizioni di cronicità, disabilità e fragilità. «L’intendimento – spiega la portavoce Giulia Quaglin – è quello di interpellare pubblicamente su questi contenuti la Commissione Sanità della città di Gallarate di imminente insediamento (la prima riunione è fissata per martedì 12 aprile alle 18) per contribuire alla ricostruzione dei servizi di prossimità del nostro territorio. I tempi sono stretti e richiedono un’azione tempestiva».
Cosa non va
In nove punti le associazioni dei malati cronici denunciano «il grave stato di sofferenza e preoccupazione» a causa di:
- continua progressiva contrazione numerica dei medici e pediatri di famiglia, medici specialisti / operatori sanitari e sociali ospedalieri e territoriali con sempre più scarsa accessibilità specie per le persone con cronicità / disabilità.
- grave carenza di servizi territoriali di prossimità che sono essenziali per le persone con cronicità/ disabilità (la nostra ricerca di modelli di riferimento purtroppo non ci ha permesso di individuare alcuna eccellenza territoriale in regione)
- frammentazione e scarsa integrazione dei servizi con gravi disagi soprattutto per le persone con cronicità/disabilità e con bisogni complessi (rileviamo purtroppo una scarsa conoscenza delle risorse del territorio da parte degli stessi operatori dei singoli servizi)
- accettazioni anonime e non personalizzate in base ai bisogni (v. modello CUP) che penalizzano fortemente le persone con cronicità/disabilità e con bisogni non standardizzabili. (ciò crea pregiudizio allo stesso diritto di libera scelta per la persona con cronicità / disabilità)
- valutazione parcellare dei bisogni e offerta di singole prestazione che non rispondono alla necessità di una valutazione complessiva e di un piano di intervento personalizzato in base alle condizioni di cronicità/ disabilità della persona
- mancanza di figure di riferimento stabili (e punti di riferimento operativi 24 h/24) in grado di coordinare nel tempo gli interventi necessari in base all’evoluzione delle singole situazioni di cronicità/disabilità.
- inadeguatezza degli accessi in urgenza e dei percorsi ospedalieri per le acutizzazioni di persone con problemi di cronicità/disabilità, spesso con più patologie concomitanti e complessità assistenziali e dimissioni non protette e di conseguenza ulteriori ricoveri.
- carenza di informazioni alla persona e alla famiglia e scarsa condivisione nelle scelte delle cure
- carenza di supporto e “solitudine” dei care giver che gestiscono a domicilio persone croniche / disabili anche in situazioni complesse / assenza di una presa in carico (il carico assistenziale grava totalmente sul malato e sulla famiglia e spesso anche la pianificazione ed il coordinamento degli interventi con gli stessi aspetti burocratico amministrativi aggravati dalla frammentazione dei servizi)
Le proposte
«Noi malati – spiegano – insieme con i nostri familiari denunciamo la perdita dei servizi consolidati nel nostro territorio in ambito clinico assistenziale e riabilitativo ospedaliero e territoriale. Le carenze diventate drammatiche in periodo covid devono essere superate». Chiedono dunque il ripristino dei servizi clinico assistenziali e riabilitativi dedicati alle persone con cronicità e disabilità e la rimozione delle inaccettabili discriminazioni rappresentate dalle carenze denunciate «che riteniamo condizione essenziale per costruire le condizioni per il buon funzionamento delle Case di Comunità, degli Ospedali di Comunità e dell’Ospedale per acuti e per un prendersi cura della salute delle nostre comunità locali».