Terreni e Sparacia, 40 giorni nella stessa camera a sconfiggere il Covid

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Dario Terreni e Gianni Sparacia in ospedale a Gallarate

GALLARATE – «Per tornare a vivere bisogna prima morire». L’enfasi di Dario Terreni, 75 anni, non è affatto fuori luogo: è uno dei tanti che sono “rinati” dopo quasi quaranta giorni di ricovero in un reparto Covid. Nosocomio di Gallarate, padiglione Trotti Maino. Con lui, nella stessa camera, un altro personaggio noto in città: Gianni Sparacia, 78 anni, coiffeur con un negozio in centro e un passato di prestigio negli studi televisivi di Mediaset. Terreni e Sparacia ce l’hanno fatta, hanno lottato e vinto il virus. «Ma non è stata esattamente una passeggiata» ripetono, l’uno, Terreni, dalla sua nuova casa della Moriggia; l’altro, Sparacia, dall’ospedale di Saronno dove è stato trasferito in attesa del secondo tampone negativo, che per il suo “compagno d’avventura” è arrivato, assieme alle dimissioni, mercoledì 6 maggio.

Non è stata una passeggiata

«L’abbiamo scampata bella», avverte Dario Terreni raccontando di quei diciannove giorni trascorsi in subintensiva con il casco del cpap in testa per fornirgli l’ossigeno necessario a sopravvivere. «Una tortura», ricorda mettendo in campo l’ironia che lo contraddistingue. E Sparacia: «Al momento del ricovero, i medici pensavano di intubarmi, tanto ero grave. Poi hanno deciso altrimenti e hanno avuto ragione».
La dispnea, cioè la fatica a respirare, li ha colti di sorpresa, più o meno nelle stesse ore, nel pieno dell’emergenza coronavirus. «Dobbiamo tutto al personale sanitario, medici e infermieri sono stati splendidi», ci prega di scrivere Dario Terreni. Che, recuperata la carica vitale (e polemica) dei giorni migliori, non perde l’occasione per parlare bene della sanità e male, anzi, malissimo del progetto dell’ospedale unico tra Busto Arsizio e Gallarate. Solo un accenno: «Se l’Asst della Valle Olona non avesse avuto a disposizione le attuali strutture come avrebbe potuto ricoverare decine e decine di pazienti? Con un solo edificio, seppure d’eccellenza, non sarebbe stato possibile. La Regione ci pensi prima di aprire il cantiere».

Ha ragione? Chissà, il discorso è tecnico e politico, in questa sede non ha titolo per essere sviluppato. Restiamo in tema. Paura di soccombere al virus? «Inevitabile, ma anche fiducia in chi ci stava curando», è la sintesi della doppia risposta. E la convivenza prolungata nella stessa camera? «E’ stata una fortuna, ci siamo sorretti a vicenda», sottolinea Terreni, pronto a tornare appena possibile in piazza della Libertà, suo luogo di intrecci amicali e politici, di confronti e scontri verbali sul futuro del Paese, l’Europa, lo spread, Conte, Salvini e Zingaretti.

Ciò che la politica divide, il virus unisce

Chi a Gallarate non conosce Terreni? E chi non conosce Gianni Sparacia? Tutti e due presi dalla politica, su sponde opposte (Terreni a centrosinistra, Sparacia tra i fondatori del primo circolo locale di Forza Italia), a un certo punto tutti e due in disaccordo con i loro partiti d’origine, tutti e due con una candidatura a sindaco e trascorsi sui banchi del consiglio comunale e in giunta (Sparacia). Ciò che la politica divide, il Covid unisce. Mettiamola così, sull’ironico. E se Terreni ci informa che sta preparando uno scritto proprio sulla sanità nel Basso Varesotto, Sparacia annuncia di essere in procinto di pubblicare un secondo libro sulla sua lunga parabola professionale e di vita. Come se avessero ancora vent’anni, come se il Covid fosse soltanto un inciampo dentro una vita piena di cose fatte e da fare, di un futuro ancora da riempire, di tanto lavoro da riaffrontare. Che bello saperli guariti. Li abbracceremo presto, e non in maniera virtuale.

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