Castiglione (Olympus Gallarate): «Non sono le palestre a creare assembramenti»

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GALLARATE –La categoria delle palestre (centri sportivi, centri benessere, ecc.) è, ancora una volta, tra le più colpite dalle nuove misure restrittive imposte dal governo Conte. La giornalista Stefania Romito ha intervistato per il Corriere Nazionale.net  nella sua palestra di Gallarate Claudio Castiglione, tra i titolari del noto gruppo lombardo “Olympus Fitness”, per capire come sta affrontando questa seconda imposizione di chiusura totale delle attività. Ve la riproponiamo integralmente.

Claudio Castiglione, quello delle palestre è uno dei settori maggiormente colpiti nel corso della pandemia. Quali sono le principali problematiche alle quali state andando incontro durante questa seconda fase di chiusura imposta dal governo Conte?

Le problematiche sono molteplici e differenziate. Di certo la più drammatica è quella di carattere economico. Durante lo scorso lockdown, nei soli mesi di aprile e maggio, la perdita economica di un centro fitness di medie dimensioni come il nostro (con all’attivo circa 2000 clienti), è stata di diverse centinaia di migliaia di euro dovuta non solo ai mancati incassi mensili dei clienti ma anche alla remissione degli abbonamenti già saldati da parte di coloro che non hanno potuto usufruire del servizio. Un danno economico ingente che richiederà molto tempo per essere risanato una volta riavviata l’attività.
L’altro problema importante è quello che riguarda le numerose figure professionali che collaborano all’interno di un centro fitness, che sono in parte assunte regolarmente e in parte a “contratto”. I lavoratori a contratto, durante lo scorso lockdown, hanno ricevuto come indennizzo 600 euro al mese (che potrebbero diventare 800 in questo nuovo lockdown), mentre per gli assunti è intervenuta la cassa integrazione erogando l’80%, non dello stipendio effettivo, come avevano dato ad intendere, ma di uno stipendio “base” fissato dall’INPS pari a 980 euro mensili. Infatti per i mesi di febbraio e marzo, i collaboratori assunti che di norma lavoravano 40 ore a settimana hanno percepito 700 euro al mese, l’equivalente di 4/5 euro all’ora.

Ritiene che questo ulteriore stato di fermo si potesse evitare, oppure lo considera indispensabile considerato l’aumento esponenziale del numero dei contagi in Lombardia?

Non è mio compito stabilire se sia giusto o meno imporre la chiusura di una determinata attività. Se chiudere significa ridurre la possibilità di contagi, è giusto chiudere. Tuttavia, ciò a cui sembra di assistere è la totale mancanza di un progetto serio da parte dello Stato riguardo i luoghi precisi dove contrastare i contagi e come fare per prevenire gli assembramenti. Basta guardare cosa accade sui mezzi pubblici, soprattutto nelle grandi aree metropolitane, in cui continua a mancare un piano organizzativo che limiti gli afflussi di persone. Se si vuole evitare la diffusione del virus è indispensabile ridurre gli assembramenti. Su questo non c’è dubbio. Non sono le palestre a creare assembramenti. Abbiamo speso parecchi soldi per adeguarci alle misure anticovid, creando i distanziamenti e installando tutti i dispositivi igienico-sanitari del caso. Ritengo che la nostra attività non sia più rischiosa di altre che al momento continuare a rimanere aperte. Nel precedente lockdown siamo stati i primi a chiudere e tra gli ultimi a riaprire e anche in questa seconda ondata siamo i primi ad essere stati penalizzati. Non lo ritengo corretto. Vorremmo essere trattati al pari delle altre categorie.

Perché è importante preservare l’attività fisica?

Questa è una domanda che richiede una risposta molto ampia. Cercherò di sottolineare gli aspetti più importanti. Ormai è dimostrato da migliaia di studi scientifici che l’attività fisica è l’unico “farmaco” che non ha nessun tipo di controindicazione. L’unico farmaco che previene la degenerazione di diversi apparati come quello cardiocircolatorio, respiratorio, riducendo, se non addirittura eliminando, alcune patologie come il diabete. È vero che molte persone, che non hanno voglia di fare attività fisica, preferiscono curare certe malattie con le medicine, ma c’è una malattia che non è curabile o prevenibile con nessun farmaco, che è quella della degenerazione dell’apparato muscolare. La sarcopenia, ossia la riduzione della massa muscolare, inizia a manifestarsi dopo i 40 – 50 anni su soggetti sedentari che fanno pochissimo movimento. Questo comporta enormi rischi di fratture, soprattutto nei soggetti anziani. Basta pensare cosa significa la frattura del femore in un soggetto di 70-80 anni che è costretto a fermarsi e rimanere inattivo. L’unico “farmaco” in grado di contrastare realmente il degrado dell’apparato muscolare è l’attività fisica che stimola la muscolatura a rigenerarsi restando sempre tonica e forte. La degenerazione muscolare tende ad essere sottovaluta, non viene presa in considerazione per il semplice fatto che non è evidente e che non causa un danno violento come ad esempio l’infarto. Ma sicuramente fa vivere molto male. Quante persone anziane non sono più autosufficienti e hanno necessità costante di essere supportate nelle normali attività quotidiane, proprio perché hanno subito, in tutto o in parte, la perdita delle capacità motorie. Un esercizio costante dell’attività fisica permette di prevenire tutto questo.

Considera i “ristori” elargiti dallo Stato utili o totalmente insufficienti?

I ristori messi a disposizione per le società e associazioni sportive sono praticamente inesistenti. Tutte le associazioni e società sportive hanno dovuto chiudere e quindi interrompere i flussi di cassa, ma non hanno potuto interrompere del tutto le spese fisse a cui bisogna comunque fare fronte. Tenere “viva” una attività richiede l’esborso costante di una serie di costi che non si possono procrastinare.
Attualmente il governo ha stanziato 50 milioni di euro come “primo aiuto” a tutte le associazioni e società sportive presenti sul territorio. Calcolando che in Italia vi sono più di 100.000 associazioni e società sportive, possiamo facilmente comprendere quanto la cifra sia irrisoria.
La promessa è quella di dare il 200% di quanto elargito a maggio-giugno scorsi, mesi in cui si è ricevuto il 10-20% del fatturato del 2019, se nel mese di aprile 2020 si aveva avuto un forte calo di fatturato rispetto ad aprile 2019. Ed essendo stati chiusi, il calo del nostro fatturato è stato totale.
Se fosse così, il ristoro a fondo perduto potrebbe realmente rappresentare un aiuto apprezzabile poiché arriverebbero nelle casse di una struttura media alcune decine di migliaia di euro. Il fatto è che circa il 98% delle associazioni e società sportive non sono a carattere commerciale, requisito indispensabile per poter usufruire del bonus a fondo perduto.
Un vero peccato che questa “promessa” valga solo per le entrate commerciali. Le entrate delle società sportive sono per lo più di tipo istituzionale in quanto derivanti dalla quota degli abbonamenti che sono esenti IVA e quindi non rientranti nella categoria commerciale. A questa categoria appartengono soltanto quelle entrate (circa un 10-15% del fatturato) derivanti dalla vendita dei prodotti acquistati nel bar, nello shop e nella SPA del centro sportivo. Infatti le sovvenzioni di cui abbiamo potuto godere nel corso della prima chiusura sono state soltanto briciole che non ci hanno permesso neppure di coprire i costi della carta che utilizzano i nostri clienti per pulire gli attrezzi durante gli allenamenti.
Diverso sarebbe se, in questo secondo lockdown, cambiassero le disposizioni riconoscendo il fatturato per intero considerando anche le entrate istituzionali. A quel punto il ristoro che potrebbero riconoscere potrebbe realmente costituire un valido aiuto.

Il Ministero dell’Ambiente ha predisposto il bonus mobilità per incentivare l’uso di bici e monopattini. Quale iniziativa, invece, suggerirebbe per incrementare la frequentazione delle palestre e quindi un esercizio fisico sistematico e di qualità?

Oltre alla proposta del Ministero dell’Ambiente, c’è stata anche quella del Ministero del Turismo che ha predisposto un bonus per incentivare la gente ad andare in vacanza in Italia, aiutando in questo modo le strutture turistico-alberghiere del nostro Paese. Una iniziativa che pare abbia avuto un certo successo. A questo punto mi chiedo come mai non venga istituito un “bonus salute” da spendere in un centro sportivo, appena sarà possibile riaprire, promuovendo così l’attività fisica. Un incentivo a disposizione delle persone che potrebbero essere stimolate a ritornare in palestra e che aiuterebbe la nostra categoria a risollevarsi. Purtroppo c’è il rischio che la gente, costretta a casa dalla pandemia, perda l’abitudine a inserire nel proprio quotidiano lo svolgimento dell’attività fisica. Una sana abitudine che, una volta persa, richiede del tempo per essere riacquisita. Il bonus salute potrebbe costituire un forte stimolo in questo senso. Mi auguro che ci pensino davvero anche perché, se l’hanno fatto per il turismo e per il monopattino, a maggior ragione dovrebbe farlo per incentivare l’attività fisica che è indispensabile alla nostra salute.

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