Il bene comune e il nuovo “whatever” di Mario Draghi

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di Luigi Patrini

In questi giorni, nel finale del suo applauditissimo intervento al Meeting di Rimini, Mario Draghi ha fatto un’affermazione destinata ad influire sull’attuale momento politico, caratterizzato dall’inizio di una vivace e polemica campagna elettorale; è una sorta di nuovo “whatever it takes”, che richiama la celebre battuta che l’allora Presidente della BCE pronunciò 10 anni fa per dire che avrebbe fatto “qualunque cosa fosse necessaria” per salvare l’euro.

A Rimini il Capo del Governo ha detto: L’Italia ce la farà con qualsiasi governo”. Con “qualsiasi governo”! I “dragologi” l’hanno interpretato come un colpo basso a Letta: con “qualsiasi governo” vuol dire che l’Italia potrà salvarsi anche con un governo di Centro-destra. Questa battuta è molto importante, perché appare evidente lo sforzo soprattutto del PD (ma anche di altre Istituzioni, come alcuni media televisivi e alcuni organi di stampa) di “bi-polarizzare” la campagna elettorale: come se la “gara elettorale” fosse semplicemente un “Letta vs. Meloni”, o un “C-Sn vs. C-Dx”. Ma non è così perché i Poli in lizza non sono solo 2 e sono articolati anche al loro interno. L’Italia non è un Paese bi-polare, ma è sempre stato multi-polare! Non c’erano solo i Guelfi e i Ghibellini, ma anche i Bianchi e i Neri! E tanti altri ancora…

In effetti Draghi è piaciuto molto agli Italiani proprio perché non si è mai fatto tirare la giacchetta da nessuno; nessuno può dire “Draghi sta dalla mia parte!”. Egli è rimasto sempre sé stesso e la sua “agenda” in realtà non è altro che il suo metodo: rispondere con prontezza e in modo concreto ai problemi reali della gente, senza correre dietro alle melanconiche proposte degli Zan e dei Cappato, o di chi vuole legalizzare le droghe, e senza perdersi mai in roboanti e sconsiderate proposte come fanno in questi tempi troppi leader.

La battuta di Draghi, in realtà, smentisce una sua discesa in campo a sostegno di qualsiasi schieramento e di qualsiasi partito. Questo è stato del resto il suo stile di sempre, quello del vero politico, che non è “Capo del Governo” solo per i suoi sostenitori ma per tutto il Paese, che unisce e non divide i cittadini ma è in perfetto equilibrio e teso al bene comune possibile, pensando ai problemi di tutti e non solo di una parte. Questo è apparso tanto più significativo, perché evidenzia che non c’è – da parte di Draghi – alcun rancore verso chi ne ha determinato la “caduta”, né alcuna lusinga o blandizia per chi lo ha sostenuto.

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Luigi Patrini

Il lungo e commovente applauso che ha ricevuto al Meeting esprime certo la stima che questo suo stile sa riscuotere nel popolo, che è capace di riconoscere i veri leader. Draghi non si nasconde le difficoltà, le fatiche che un vero leader politico deve affrontare, ma il suo sguardo non manca di serenità perché sa che il suo primo compito di leader è quello di infondere fiducia nei cittadini, quella fiducia che incoraggia perché stimola ciascuno a fare il proprio dovere, ad assumere le proprie responsabilità dando il meglio di sé, perché capisce che chi ci invita alla speranza (“L’Italia ce la farà anche questa volta!”) è il primo che affronta con serietà i suoi doveri e le sue responsabilità.

E’ proprio questo circolo virtuoso che un vero leader deve saper mettere in moto e sostenere, perché è questo che accende nei cittadini il gusto della libertà vera, che non sta certo nell’agire a capriccio, ma nel fare con gusto e con letizia il proprio dovere a servizio del bene dell’intera comunità civile.

Nella “Gaudium et Spes” del Concilio Vaticano II leggiamo: “La comunità politica esiste in funzione di quel bene comune, nel quale essa trova significato e piena giustificazione e che costituisce la base originaria del suo diritto all’esistenza” (n. 74). La politica, questa nobile arte di servire il popolo, ha senso solo se chi la pratica ha di mira il bene comune, e “Il bene comune – precisa subito il documento – si concreta nell’insieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle associazioni il conseguimento più pieno della loro perfezione”. Questo è un fattore che aiuta un cittadino ad affrontare con letizia e gusto le fatiche della vita, la fatica del lavoro, della formazione e della crescita di una nuova famiglia, l’impegno di educare i figli, di assistere i propri anziani: questo viene voglia di farlo se si vede e si percepisce la serietà dell’impegno e la forte tensione etica con cui il politico che guida la comunità affronta lui stesso, per primo, i suoi compiti avendo a cuore il bene dell’intera comunità.

Si badi bene: non è automatico che, se i politici sono onesti e virtuosi, lo siano anche i cittadini, ma se i politici che guidano la comunità sono disonesti, pensano al proprio interesse o solo a quello dei loro seguaci, si riempiono la vita di benefit e di privilegi, allora diventa quasi automatico che la società decada, la malavita dilaghi, l’evasione fiscale impoverisca la società e aumenti sempre più il numero di coloro che si ripiegano su sé stessi e disertano le elezioni.

Auguriamoci di incontrare politici che ci aiutino ad appassionarci al bene comune, che siano capaci di testimoniare una passione sincera a servizio della comunità civile. Cerchiamoli, perché ce ne sono ancora e impegniamoci a far cambiare questo perverso Rosatellum, una legge elettorale di dubbia costituzionalità che non consente in alcun modo di scegliere veramente i candidati migliori, perché costringe a scegliere solo i candidati graditi ai Capi dei partiti, impedendo ai cittadini di scegliere i candidati e di esprimere la loro preferenza per quelli ritenuti più rappresentativi degli interessi dei territori; il Rosatellum garantisce i posti sicuri solo a yesman, cioè a persone che obbediscono al Capo, perché …tengono famiglia.

Ma di questo occorre che ne discuta il Parlamento, formulando proposte perché i cittadini tornino a capire che la “partecipazione” alla vita dei partiti e alle elezioni è fondamentale perché la democrazia si consolidi e siano emarginati quanti usano il potere non per servire il popolo, ma solo per servirsi del popolo per fini di cui al popolo non interessa nulla.

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