L’allarme dei sindacati: “A Varese nessuna sicurezza per chi lavora in ospedale”

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Organizzazioni sindacali sul piede di guerra all’Asst Sette Laghi di Varese: chiedono più sicurezza per gli operatori sanitari. Così non va, è l’incipit di un documento di protesta sottoscritto dai rappresentanti dei lavoratori che, nel mezzo dell’emergenza coronavirus, richiamano la direzione generale dell’Asst (ma anche Ats e Regione)  a prendere atto della situazione di disagio e, quindi, della mancanza di sicurezza, e la invitano ad agire di conseguenza dando risposte alle diverse sollecitazioni che arrivano dal fronte sindacale unito. Ecco la pesante nota.

ESIGIAMO PIU’ SICUREZZA PER CHI LAVORA IN OSPEDALE
Così non va!
La carenza di dispositivi di protezione individuale oltre all’applicazione difforme e, a volte non corretta dei protocolli operativi emanati, generano paura e ansia tra gli operatori.
Fortunatamente, ad oggi, Varese non sta vivendo le difficoltà di altri territori e ha più tempo per far tesoro delle misure restrittive man mano emanate dagli organismi istituzionali governativi e regionali finalizzate a contenere il contagio.
Tuttavia le criticità sono molte e far finta che non vi siano, tenere bassa la guardia, contribuisce ad esporre i nostri sanitari a maggiori pericoli. L’azienda non può Ignorare o filtrare a sua discrezione le innumerevoli istanze che pervengono da chi opera in prima linea rischiando la propria salute e quella dei propri cari.
Ricordiamo che tutto il personale di ASST Sette Laghi, in particolare medici, infermieri, oss, tecnici sanitari e altro personale di supporto, sono i soggetti a cui affidiamo la salute pubblica, sono coloro che lottano in prima linea per fronteggiare questa emergenza senza precedenti. Tutelare questo personale significa anche tutelare la salute dei cittadini.
Abbiamo sollecitato l’Azienda a rispondere rispetto a tutta una serie di criticità riscontrate. Abbiamo chiesto l’esecuzione dei tamponi per tutta le lavoratrici e i lavoratori, abbiamo chiesto la garanzia della (regolare) distribuzione dei DPI, le revisioni organizzative, la sorveglianza sanitaria per chi è venuto a contatto con soggetti positivi. Stiamo ancora aspettando risposte.
Non possiamo più essere esclusi da provvedimenti e decisioni che riguardano i lavoratori, trasferimenti di personale da un presidio all’altro sulla base di una mail (il DG ci aveva assicurato che eventuali spostamenti tra presidi diversi sarebbero avvenuti su base volontaria), trasferimenti di UU.OO. tra presidi, riallocazione di personale senza esplicitazione di criteri che tengano conto delle competenze e delle limitazioni, l’adozione di istruzioni operative che riversano sul personale la responsabilità di ottemperamento di ordinanze che magicamente si modificano nella notte.
Nei supermercati la temperatura dei clienti è rilevata all’ingresso attraverso corsie preferenziali. Gli operatori sanitari invece devono autocertificare ciò che non è autocertificabile assumendosi anche la responsabilità di falsa certificazione ed essere minacciato da datore di lavoro di provvedimenti disciplinari e interventi della forza pubblica. Se l’operatore autocertifica di non avere la febbre e successivamente nell’arco della giornata ha un rialzo termico ha dichiarato il falso? E quindi è soggetto a sanzioni?
GLI OPERATORI SANITARI STANNO PAGANDO UN PREZZO TROPPO ALTO (circa 4000 OPERATORI CONTAGIATI, considerando solo quelli accertati)
Adesso diciamo BASTA.
GOVERNO, REGIONE LOMBARDIA, ASST e ATS devono dimostrare attenzione e sensibilità con i fatti. E i fatti cominciano con le risposte concrete che aspettiamo da troppo tempo.

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