Liste e candidati in provincia di Varese, così è cambiata la politica

elezioni 2021 provincia varese

Tutto secondo consuetudine? Mica tanto. Le liste che anche nel nostro territorio sono in gara per la competizione elettorale del 3 e 4 ottobre sono il frutto o di complesse mediazioni tra i partiti in senso trasversale o della faticosa formazione di squadre in deficit di candidati. Potremmo sbagliarci, ma in passato tutto sembrava più facile, anzi, in molti casi bisognava risolvere competizioni interne per assicurarsi un posto alle elezioni. Ora è tutto più confuso e complicato. Lo testimoniano, ad esempio, le spinte berlusconiane per abbandonare il centrodestra, poi fatte rientrare dai diktat dall’alto. O, ancora, l’inutile ma all’inizio caparbio tentativo della Lega di Busto di sganciare il candidato sindaco di Fratelli d’Italia. E, di più, sempre a Busto Arsizio, il solco tra Pd e Cinque Stelle, rientrato in extremis. Segno dei tempi? Segno di una involuzione della politica che anche in periferia affronta un momento particolare, di riposizionamento dei gruppi e dei singoli a fronte dell’arretramento delle ideologie, dei vecchi schematismi e del disimpegno mai dichiarato ma reale di classi dirigenti che fanno o potrebbero fare la differenza ma preferiscono restare nel loro brodo piuttosto che impegnarsi per la collettività.

Ci troviamo così a dover scegliere tra formazioni che, in diversi casi, non garantiscono la necessaria affidabilità amministrativa. Al massimo, stabiliscono una presenza di bandiera, con scarse possibilità di successo. Questa però non è una novità, è sempre accaduto che alle elezioni comunali si cimentassero personaggi velleitari, animati magari da nobili obiettivi ma, appunto, privi della necessaria forza rappresentativa per poter dire la loro a urne chiuse. Ciò ad affermare che la griglia di partenza ufficializzata oggi, 4 settembre, con il deposito dei simboli e dei nomi dei candidati, ci racconta di favoriti, di alcuni outsider e di una platea di competitor, salvo sorprese, destinata ad uscire presto di scena. Insomma, lo sprint finale per la vittoria, perlomeno nelle principali città del Varesotto che vanno al voto – il capoluogo, Busto Arsizio e Gallarate – ha già i suoi predestinati.

I sondaggi che girano più o meno sottotraccia nelle segreterie indicano appunto una situazione predefinita dalle circostanze politiche generali: la posta in gioco se la contendono i partiti maggiori, le aggregazioni che rimandano al contesto nazionale e possono contare su volti già noti alla maggioranza degli elettori. Sappiamo di dispiacere alle numerose liste che si rifanno al civismo, che hanno in uggia la politica politicante, ma che troveranno legittimazione soltanto o soprattutto nei piccoli comuni. Altrove, la battaglia è segnata, quanto meno, circoscritta alle liste maggiori. Dentro le quali ci sono diverse sorprese, a testimonianza del momento di transizione o, meglio, di caos ideologico.

A sinistra si sono ricollocati esponenti tradizionalmente espressione del centrodestra; a destra sono finiti politici con radici nel campo avversario. Un altro segno dei tempi, appunto. Un riposizionamento che bada, pensiamo, più alle persone, cioè alle caratteristiche personali e amministrative dei candidati sindaco, piuttosto che agli schieramenti in senso stretto. Benché, sia chiaro, ci sono anche coloro i quali guardano espressamente alla cadrega e hanno scelto dove mettersi in base alle contropartite loro offerte. Se analizziamo a fondo le liste troveremo un piccolo esercito di opportunisti che della destra, della sinistra o del centro se ne fanno un baffo, ma hanno in testa una cosa soltanto: la loro convenienza o, se non la loro convenienza, l’adesione incondizionata e acritica ai capi, che per questo li premieranno. E’ sempre accaduto? Non è vero, perché una volta i partiti facevano filtro e certe mezze tacche oggi assurte addirittura a leader venivano spedite nelle retrovie.

Infine, non possiamo dimenticare che, sempre per quanto riguarda il Varesotto, il colpo di maglio dell’inchiesta Mensa dei poveri ha toccato, più o meno direttamente, tutte le componenti della politica. Anche quelle che nemmeno sono state sfiorate dalla magistratura portano i segni di uno tsunami che in qualche modo ha inciso sulle scelte di tutti. Di sicuro, sulla coscienza collettiva e su quella personale di chi ha deciso, con spirito di servizio o per altri motivi, di scendere in campo.  E di chi, pur competente e onesto, ha scelto di starsene fuori. In molti casi aprendo praterie a personaggi che in altre epoche avrebbero ben rappresentato nani e ballerine, locuzione che rimanda alla cosiddetta Prima Repubblica, ma che oggi, in molti casi, rinnova clamorosamente il suo inequivocabile significato.

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