MILANO – Tutto il mondo lavora per trovare un vaccino e sconfiggere il coronavirus che in Italia ha già provocato circa 30 mila morti, oltre metà dei quali nella sola Lombardia. E proprio da un centro di eccellenza nella cura e nella ricerca della regione più martoriata, il San Raffaele di Milano, nasce una speranza concreta, una cura possibile.
Un nuovo studio dell’ospedale – condotto dall’immunologo Giulio Cavalli, e coordinato da Lorenzo Dagna, primario dell’Unità di immunologia e reumatologia – mostra l’efficacia e la sicurezza del farmaco Anakinra – usato contro l’artrite reumatoide – capace di spegnere l’eccessiva risposta immunitaria causata dalle forme gravi di Covid-19 e quindi di potere guarire i pazienti. Ovviamente si è aperta una speranza concreta, ma molta è anche la prudenza mostrata con correttezza dai ricercatori. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Lancet Rheumatology, nota per il rigore scientifico.
La sperimentazione
La sperimentazione, su 29 pazienti ricoverati al San Raffaele in ventilazione non-invasiva e con quadri clinici ad alto rischio, è stata effettuata all’interno del maxi studio clinico osservazionale su Covid-19 coordinato da Alberto Zangrillo, direttore della Unità di anestesia e rianimazione e da Fabio Ciceri, vice direttore scientifico per la ricerca clinica. Il farmaco agisce neutralizzando l’Interleuchina-1 (IL-1), una molecola infiammatoria prodotta dal sistema immunitario in risposta alle infezioni. Il gruppo di pazienti Covid-19 trattati con dosi elevate di Anakinra è stato confrontato retrospettivamente con un gruppo di controllo di 16 pazienti che, al contrario, aveva ricevuto solo la terapia standard. La differenza si è dimostrata notevole: nel gruppo di controllo la funzione respiratoria è migliorata solo nel 50% dei pazienti e la mortalità è risultata essere quattro volte superiore. Attualmente, purtroppo, non esistono ancora farmaci specifici per il Covid-19. Ecco perché le terapie sperimentali testate in questi mesi utilizzano farmaci in regime off-label, ovvero approvati ma indicati per altre patologie, o addirittura non ancora approvati e dunque somministrati a uso compassionevole.
I risultati ottenuti
“Per bloccare la risposta infiammatoria eccessiva e dannosa scatenata dal coronavirus, abbiamo utilizzato il farmaco a un dosaggio più elevato e con una somministrazione diversa rispetto all’abituale, endovenosa e non sottocutanea. A 21 giorni dal trattamento, il 72% dei pazienti mostrava un netto miglioramento della funzione respiratoria e dell’infiammazione sistemica”, ha spiegato il professor Cavalli. “I risultati ottenuti dovranno essere confermati da ulteriori studi, di dimensione maggiore, ma sono promettenti. Considerato inoltre che l’Anakinra è un farmaco accessibile e immediatamente disponibile in Italia e in gran parte del mondo, quanto da noi descritto potrebbe avere un risvolto clinico immediato: una terapia off-label sicura per attenuare la tempesta infiammatoria scatenata dal nuovo coronavirus – ha sottolineato il professor Dagna -. Mentre fino ad oggi è stata posta una grande attenzione sull’interferenza con la replicazione virale, i nostri dati suggeriscono come il controllo dell’infiammazione possa essere cruciale”.
Farmaco già disponibile
“Un trattamento già autorizzato, sicuro e che ben conosciamo, come quello con Anakinra – ha osservato lo studioso – è un candidato ideale a questo fine, che ci ha permesso di ritardare o evitare l’intubazione nella maggior parte dei pazienti trattati. Osservando i nostri pazienti, abbiamo ipotizzato che una risposta infiammatoria eccessiva potesse essere alla base di gran parte del danno polmonare. E da ciò abbiamo ipotizzato che porre un freno al sistema immunitario potesse essere un’utile strategia terapeutica. L’Anakinra è un farmaco immediatamente disponibile all’uso autorizzato per la cura dell’artrite reumatoide e di altre gravi malattie infiammatorie e di cui la nostra Unità di Immunologia e Reumatologia da tempo si serve anche per altre terapie sperimentali. A differenza di altri farmaci immunosoppressori, che quindi potrebbero essere potenzialmente pericolosi in corso di infezioni, l’Anakinra ha un ottimo profilo di sicurezza-. Seppur con un certo grado di ottimismo, siamo consapevoli che il nostro studio è preliminare, anche in considerazione del limitato numero di pazienti inclusi e pertanto è necessario al momento usare cautela nell’ interpretazione dei dati”.
In attesa del vaccino
C’è però anche un aspetto umano che i medici non fanno quasi mai trasparire e che rende ancora più responsabili i ricercatori: “Fino a quando non sarà disponibile un vaccino, avremo costantemente bisogno di terapie alternative per aiutare le persone a sopravvivere alle manifestazioni più gravi di Covid 19, senza sopraffare la capacità delle unità di terapia intensiva degli ospedali – ha concluso il professor Dagna -. La pandemia ha posto davanti ai nostri occhi di medici e scienziati un’emergenza senza precedenti. Nel corso di poche settimane, i pronto soccorso e gli ospedali del Nord Italia si sono affollati di pazienti con grave insufficienza respiratoria che necessitavano di cure intensive. Un dramma. In molti ospedali, i pazienti erano più numerosi dei letti disponibili e noi medici ci siamo trovati ad affrontare la mancanza di opzioni terapeutiche efficaci”. Lo studio appare quindi ancora di più un segno della volontà di non arrendersi al virus e dell’amore per la vita.
Angela Bruno